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EMANUELE SCAFATO: “NON È POSSIBILE INDICARE UNA QUANTITÀ DI ALCOL RACCOMANDABILE O SICURA PER LA SALUTE”

“L'alcol è di per sè una sostanza tossica e dannosa. Molte malattie, compreso il cancro, possono insorgere anche con un consumo moderato”. Il noto ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, e direttore dell’Osservatorio Alcol, invita alla massima prudenza: “non più di due-tre bicchieri al giorno per gli uomini, la metà per le donne”

02 ottobre 2004 | Alberto Grimelli

Emanuele Scafato è nato a Taranto nel 1959.
Laureato con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università La Sapienza di Roma, si è successivamente specializzato, presso la medesima Università, in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva.
Dal 1997 è Primo Ricercatore presso il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute, Reparto Salute della Popolazione e suoi Determinantii, dell’Istituto Superiore di Sanità.
Svolge da molti anni attività di docenza e di ricerca legate al consumo di alcolici e alle patologie correlate, collaborando alla realizzazione delle attività di prevenzione a livello nazionale, comunitario ed internazionale quali quelle relative al Gruppo Formale "Alcohol and Health" della Commisssione Europea – Direzione Generale.
Dal 1999 è Responsabile dell'Osservatorio Alcol dell'Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell'Istituto Superiore di Sanità e Direttore del Centro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per la Ricerca e la Promozione della Salute su Alcol e Patologie Alcol-correlate
È il Segretario Nazionale della Società Italiana di Alcologia.



- L'alcolismo è una grave malattia che provoca dipendenza, al pari dell'uso di droghe. Un fenomeno diffuso e altamente preoccupante negli Usa , quale la situazione in Italia?
Analogamente a quanto avviene in tutte le realtà europee ed internazionali la valutazione dell'impatto dell'alcolismo sulla società presenta molte difficoltà. Volendo far riferimento ai dati ufficialmente registrati dal Ministero della Salute è noto che, nell'anno 1999, 32907 alcoldipendenti (32907 maschi, 7371 femmine) hanno fatto ricorso alle prestazioni dei 344 Servizi specifici (SERT) che si occupano di alcoldipendenza. I dati del 2000 mostrano un lieve incremento rispetto al 1999. Il dato tendenziale rispetto a quanto registrato nel 1996 indica un aumento medio nazionale del 35 % con valori massimi registrati in alcune Regioni del Nord (Veneto, Lombardia, Piemonte). L'utente medio tipo (la tipologia più frequente) che fa ricorso a tali Servizi è di sesso maschile (rapporto uomo/ donna 3:1) e di età compresa tra i 40 ed i 49 anni ma vi sono evidenze che il fenomeno sia in aumento tra le donne e tra i giovani. Questi numeri non tengono conto dell'imprecisabile quota di alcolisti che si avvale dell'intervento dei gruppi di auto e mutuo-aiuto (AICAT, Alcolisti Anonimi ecc.) che svolgono un importante servizio sociale e sanitario spesso in collaborazione formale o informale con il Servizio Pubblico.
Volendo tentare di stimare il numero di alcolisti sulla base dei consumi di bevande alcoliche dichiarati nel corso delle indagini Multiscopo ISTAT e del ricorso a ricoveri ospedalieri per patologie alcol-correlate è oggi considerata attendibile la stima di 1 milione e mezzo di alcolisti sul territorio nazionale. Si tratta ovviamente di una sottostima in quanto gli individui affetti da dipendenza alcolica non sempre dichiarano nei questionari ISTAT le reali quantità consumate e gli stessi ricoveri alcolcorrelati sono frutto di elaborazioni con numerosi limiti metodologici. 4 milioni circa sarebbero invece gli individui che consumano in maniera eccessiva ed inadeguata le bevande alcoliche (20 grammi di alcol al giorno per le donne - 1-2 bicchieri di una qualunque bevanda alcolica; 40 grammi di alcol al giorno per gli uomini - 2-3 bicchieri di una qualunque bevanda alcolica). Riguardo la mortalità si stima che ogni anno in Italia si registrino 30-40.000 alcolcorrelate rappresentando la prima causa di morte tra i giovani al di sotto dei 25 anni di età.
- Generalmente si associa il problema dell'alcolismo a un abuso di superalcolici. Si parla poco o per nulla di vino o birra, perchè? Sono meno dannosi?
Quando parliamo di alcol, parliamo di tutte le bevande alcoliche. Si può diventare alcolisti o essere affetti da patologie e problemi alcolcorrelati per l'uso di una qualsiasi bevanda: vino, birra superalcolici, amari, aperitivi ecc. Se si osservano le abitudini alcoliche dichiarate dagli alcolisti in trattamento presso le strutture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale (fonte : Ministero della Salute) si può rilevare che la bevanda consumata con maggiore frequenza è il vino alla quale fa seguito la birra; la realtà che emerge è che l'alcolista è un poliassuntore che usualmente somma il consumo di tutte le bevande alcoliche e abbina, spesso, il consumo di psicofarmaci o di sostanze illegali e ovviamente l'abitudine al fumo di sigarette.
L'alcol è una sostanza di per sè dannosa e tossica (l'abuso ossia l'ingestione concentrata nel tempo di quantità inadeguate di alcol determina la cosidetta "intossicazione alcolica"), capace di indurre dipendenza (analogamente alle droghe) e potenzialmente cancerogena. Gli effetti sono in funzione delle quantità ingerite e, a livello comportamentale, è possibile rilevare che, se a dosi moderate è esperienza comune registrare disinibizione, maggiore capacità di socializzazione, superati tali limiti e in funzione di caratteristiche individuali che possono variare da persona, a persona (malattie, assunzione di farmaci ecc.) si verificano effetti sul comportamento e sulla salute tuttaltro che trascurabili e sopratutto in particolari contesti e circostanze come ad esempio alla guida di un autoveicolo.
Le evidenze scientifiche, riprese dalle "Linee guida per una sana alimentazione italiana" dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e condivise dal Ministero della Salute, suggeriscono di non superare mai il consumo di 2-3 bicchieri di bevanda alcolica - vino, birra, superalcolici - per i maschi e di 1-1,5 bicchieri per le donne. Al di sopra di tali limiti il rischio per problemi e patologie alcol-correlate aumenta; al di sotto di tali limiti non vi sono evidenze incontrovertibili che il rischio sia nullo (è il motivo dello slogan dell'Organizzazione Mondiale della Sanità: Alcohol ? Less is better - Meno è meglio).
- "Un bicchiere di vino a pasto fa bene alla salute", è un ritornello che sentiamo riperere spesso, anche da medici. Studi scientifici sui benefici effetti del resveratrolo sembrano avvalorare tale tesi. Dunque si può affermare che un uso moderato di vino non nuoce ma anzi giova al nostro fisico?
La moderazione è la parola d'ordine per i consumi di alcol sopratutto in virtù della evidenza che il passaggio dal consumo moderato all'alcolismo è spesso insidioso e risente di numerosi fattori sociali, familiari, lavorativi di complessa valutazione e spesso misconosciuti dall'alcolista.
Riguardo il resveratrolo, noto antiossidante, esistono numerose osservazioni (Università di Parma, studi Canadesi ecc.) che ridimensionano il ruolo svolto da tale sostanza.
È stato osservato, ad esempio, che questa sostanza non venga assorbita dall'organismo quando veicolato dal vino o che siano necessarie quantità di vino veramente significative affinche si possa verificare a livello cellulare l'effetto protettivo tipico degli antiossidanti e dei flavonoidi in particolare (come il resveratrolo).
In un litro di vino si registrano mediamente livelli di 0,6-0,8 milligrammi di resveratrolo; per ottenere gli effetti di "protezione" e per favorire un ridotto rischio vascolare, la quantità giornaliera assicurata dalla prescrizione medica (di almeno sei mesi) dei comuni farmaci che contengono principi attivi analoghi al resveratrolo è pari a 1000 mg. È facile calcolare che per raggiungere tali livelli terapeutici sarebbero necessari un migliaio di litri di vino.
Indipendentemente dalle osservazioni sinora citate, è generalmente condivisa l'opinione di evitare la prescrizione o l'uso di una sostanza capace di indurre una dipendenza e potenzialmente cancerogena per ottenere vantaggi per la salute che possano essere favoriti dall'uso di terapie specifiche, ove indicate, e dall'adozione di stili di vita sani.
Indipendentemente dalle cause, ancora tutte da dimostrare, che possono essere alla base di un effetto protettivo di un moderato consumo alcolico sul rischio cardiovascolare è poco diffusa (anche tra i medici) l'informazione basilare che questa è stata verificata esclusivamente per individui sani, di sesso maschile e di età superiore ai 45 anni; mai, quindi, per i giovani, per le donne e per gli anziani. (si veda in proposito la esauriente recente pubblicazione divulgativa di Nature : link esterno).
Da anni gli Organismi Internazionali di tutela della Salute (OMS, EU NIH), le Società Scientifiche e le Istituzioni che si occupano della salvaguardia della salute degli individui affermano e ribadiscono che per ridurre il rischio cardiocoronarico ha senso agire sui fattori di rischio predisponenti (elevata pressione arteriosa, sovrappeso, colesterolo elevato, scarsa attività fisica, abusi alimentari) piuttosto che adottare o, peggio, prescrivere alcol ad un individuo.
Quando si afferma che qualcosa fa bene alla salute, occorrerebbe, peraltro, soffermarsi su cosa nuoce e in che misura a parità di consumo.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità elenca 60 malattie la cui insorgenza può essere favorita da un consumo anche moderato di alcol. Il "fisico" si può giovare di tante cose ma , sulla base delle attuali conoscenze, è da valutare con estrema cautela e precauzione la affermazione che possa giovarsi dell'alcol. A differenza del fumo, i cui effetti negativi per la salute possono presentarsi dopo decenni di uso abituale di sigarette, l’alcol può esporre a forti rischi anche in seguito ad un singolo o occasionale episodio di consumo moderato, erroneamente considerato come non rischioso per la salute (si veda ad esempio le relazioni esistenti tra l'alcol e gravidanza, l'alcol e la guida, l'alcol e gli incidenti domestici o lavorativi).
È provato che il 10% di tutte le malattie a livello di popolazione è attualmente attribuibile, direttamente o indirettamente, al consumo di alcol.
Le conoscenze attuali non consentono, quindi, di identificare quantità di consumo alcolico raccomandabili o "sicure" per la salute. É più corretto parlare di quantità "a basso rischio", evidenziando che il rischio esiste a qualunque livello di consumo ed aumenta progressivamente con l’incremento delle quantità consumate di bevande alcoliche.
Possono indubbiamente esistere degli effetti che favoriscono le sensazioni di benessere, di relax, di abbassamento della tensione, sensazioni di gusto e di piacere; effetti che sono sicuramente utili all'organismo ma che possono essere comunque raggiunti anche senza l'alcol o sostanze psicotrope, quale l'alcol è.
Alla luce di tutto ciò, non appare corretto evidenziare o affermare (da un punto di vista scientifico, epidemiologico, di salute pubblica ed etico) che il vino o la birra o i superalcolici riducano il rischio di malattie, incluse quelle cardiovascolari, se tali affermazioni risultino private o non integrate) dell'informazione relativa ai danni che subisce l'organismo a quelli stessi livelli di consumo che si dichiara "protettivi".
A titolo di esempio le citate "Linee guida per una sana alimentazione italiana" (link esterno) riportano testualmente (pag.50): "Anche quantità moderate di alcol sono coinvolte nell'aumento del rischio di insorgenza di vari tipi di tumori in diversi organi (sopratutto mammella,cavo orale, faringe e prime vie aeree, stomaco".
Lo stesso vale per gli incidenti cerebrovascolari emorraggici o la sindrome fetoalcolica.
Bere è una scelta; affinchè si possa scegliere è indispensabile che l'individuo venga posto in condizioni di formarsi un giudizio sulla base di una informazione completa, valida e corretta.
È questa la base della tutela alla salute.
Tutti i ricercatori che hanno evidenziato l'effetto "protettivo" di moderate quantità di alcol sul rischio di mortalità cardiocoronarica concludono con un richiamo ad una estrema cautela e al fatto che i risultati non possono essere applicati a livello individuale ma esclusivamente riferiti alle popolazioni da cui sono derivati i risultati.
Stesso discorso riguarda l'uso spesso distorto delle informazioni derivanti dagli studi sperimentali, quali quelli che dimostrano effetti protettivi cellulari (ad esempio nei topi) e che vengono utilizzate in maniera speculativa per formulare alcune conclusioni (e relativi battage di stampa) assolutamente inappropriati ed inutili per la razza umana.
Bere è una responsabilità verso sè stessi e verso gli altri; chi non consuma non dovrebbe essere sollecitato a farlo perchè non esistono evidenze che tale comportamento possa favorire un esito complessivamente più favorevole sullo stato di salute. Anche per patologie come la demenza, per la quali è stato rilevato un effetto di riduzione del rischio di mortalità specifica tra i consumatori rispetto agli astemi, gli stessi ricercatori sottolineano che si tratta di evidenze da confermare e comunque che è importante che ciascun individuo affidi la gestione specifica di tale informazione alla valutazione esclusiva del medico che segue il caso clinico, in quanto l'unico in grado di poter soppesare benefici e rischi di un consumo, anche moderato, di alcol e ciò sopratutto in virtù di concomitanti terapie che possono sconsigliare l'uso di alcol.
- Esistono delle categorie di persone a cui è assolutamente sconsigliabile avvicinarsi all'alcol? Bere prima di mettersi alla guida è un'imprudenza che può costare la vita, come ci ricordano le molte campagne del Ministero della Sanità, in quali altre circostanze è meglio evitare l'uso di alcool?
Esistono condizioni che pongono gli individui in situazioni di vulnerabilità tale da sconsigliare in assoluto il consumo di alcol; alcune sono intuitive, altre meno.
• Se si ha meno di 16 anni di età
• Se è stata programmata una gravidanza
• Se si è in gravidanza o si sta allattando
• Se si assumono farmaci
• Se si soffre di una patologia acuta o cronica
• Se si è alcolisti
• Se si hanno o si sono avuti altri tipi di dipendenza
• Se si è a digiuno o lontano dai pasti
• Se ci si deve recare al lavoro o durante l’attività lavorativa
• Se si deve guidare un veicolo o usare un macchinario
Si fa spesso riferimento all'importanza di non bere alla guida; a tale proposito è importante ricordare che anche quando l'assunzione di alcol non è in una quantità così elevata da determinare modificazioni evidenti del comportamento, il pericolo di incidenti stradali aumenta in funzione della riduzione della percezione del rischio registrata anche a livelli molto bassi di consumo. La loquacità, lo stato di euforia, la sensazione di benessere psicofisico che si sperimentano a seguito di consumi moderati di bevande alcoliche (1 bicchiere di vino o 1 lattina di birra o 1 bicchiere di superalcolico corrispondono approssimativamente a 0,2 grammi/litro di alcolemia), pur consentendo una guida caratterizzata da riflessi leggermente disturbati e da una iniziale tendenza ad effettuare manovre più brusche e meno sicure, rappresentano il segnale d'allarme fisiologico della diminuita capacita di critica e di giudizio, segnale che ci avvisa che la percezione del rischio è ridotta da una significativa compromissione sensoriale che comporta un aumento dei tempi di reazione e una diminuzione del controllo motorio. Superato il limite legale di 0,5 grammi/litro di alcolemia (1 bicchiere e mezzo per le donne , 2 bicchieri e mezzo per gli uomini, di una qualsiasi bevanda alcolica) l'acuità visiva e la visione laterale sono ridotte ed i segnali luminosi, sonori e visivi vengono percepiti con un ritardo del 30-50 %. E' opportuno ricordare che non tutti i morti ed i feriti che si registrano a seguito di incidenti in cui risulti coinvolto l'alcol sono soggetti ubriachi o in stato di ebbrezza ma vittime di una disattenzione altrui .
Prima di mettersi alla guida occorre sapere che l'organismo impiega circa un'ora per smaltire un bicchiere di vino, birra, aperitivi alcolici o superalcolici. Più elevato è il consumo, maggiore è il tempo richiesto per smaltire l'alcol ingerito; contare i bicchieri e valutare se il tempo trascorso dall'ultimo brindisi è adeguato è una regola che può contribuire ad evitare conseguenze spesso fatali anche nei riguardi di terzi.
- Secondo le vostre indagini quali sono le principali ragioni psicologiche che portano ad abusare dell'alcool? Le motivazioni si differenziano a seconda della fascia d'età?
Insicurezza, emarginazione, solitudine, frustrazione, traumi psicologici, eventi dolorosi sono le ragioni che gli psicologi e sociologi indicano come più frequenti e che possono variare a seconda del sesso e dell'età.
Ma occorre staccarsi dal clichè dell'abusatore inteso come individuo problematico.
L'abusatore è nella stragrande maggioranza di casi un individuo assolutamente normale, così come potrebbe esserlo il candidato all'alcolismo.
Di solito chi abusa dell'alcol inizia a farlo occasionalmente (ad esempio le giovani generazioni) spinto da un concetto del bere che non è quello tradizionalmente legato alle abitudini mediterranee dei nostri nonni.
Sino a qualche decennio fa il consumo di alcol (vino prevalentemente) era legato ai pasti, attuato con moderazione, con discrezione ed era parte integrante di una cultura del bere che oggi è stata sostituita da valori simbolici ben differenti.
I giovani (e le teen-agers in particolare) amano mostrarsi nei luoghi pubblici con una bottiglietta di birra o di aperitivo alcolico (designer drinks) sfruttando il valore estetico di "introduzione" nel gruppo o con lo scopo di meravigliare o provocare gli adulti e la società; l'omologazione giovanile gioca un ruolo importante alla diffusione di un fenomeno assolutamente sconosciuto sino a pochi anni fa in Italia.
La radice del problema, emergente, in continua crescita e sostenuto ed incentivato dalle pressioni mediatiche, pubblicitarie, culturali e sociali è nel valore d'uso che l'alcol ha assunto di recente nelle abitudini degli individui: uso (letteralmente) dell'alcol come sostanza, in attesa degli effetti personali e soggettivi derivanti dall'alcol (successo sociale, ruolo vincente, charme ecc.) rispetto al consumo di alcol, attuato per il gusto di assaporare una bevanda come completamento naturale di un pasto (ricordando che l'alcol non è un alimento o un nutriente) o per condividere il piacere di un momento.
L'attribuzione del giusto valore al ruolo del consumo alcolico e la svalorizzazione dei nuovi modelli di consumo che spesso inducono all'abuso e al maggior rischio per la salute individuale è la vera sfida da vincere per una società più sana; le istituzioni fanno molto per favorire stili di vita sani ma la vera scelta di salute è e sarà sempre nelle mani di ciascun individuo.

Per qualsiasi ulteriore informazione è possibile rivolgersi al Telefono Verde Alcol 800 63 2000 dell'Istituto Superiore di Sanità- Ministero della Salute o consultare il sito dell'Osservatorio su Fumo, Alcol e Droga dell'Istituto Superiore di Sanità (www. ossfad.iss.it).
Si segnala:
- Consumi alcolici in ITALIA
Report 2004 sui consumi e le tendenze (1998 - 2001)(Prima parte)
E. Scafato, S. Ghirini, R. Russo
- L'Alcol in Italia
I dati presentati in occasione dell'APD 2004
E. Scafato, S. Ghirini, R. Russo e il Gruppo di lavoro OssFAD
- La donna e l'alcol. Tendenze nei consumi e strategie di intervento.
(Annali dell'Istituto Superiore di Sanità , vol. 40, n.1, 2004)
- L'alcol nelle strategie di salute e nella programmazione sociale e sanitaria.
(Salute e Territorio, Aprile 2004)
- Nuovo libretto 2004: Alcol sai cosa bevi? Più sai meno rischi!
- Volantino informativo per la popolazione
- Locandina: Contenuti di alcol per bevanda
- Locandine della campagna Alcol e Giovani "Io c'ero fino ad un bicchiere fa"
- Volantino Alcol e guida
- I giovani e l'alcol: istruzioni per l'uso. Dieci suggerimenti ai genitori per favorire una scelta responsabile dei figli
- Libretto per i medici (Guida alla Diagnosi dei Problemi Alcolcorrelati)
- Decidi di Cambiare.Libretto per la riduzione dei consumi (Per individui con bere problematico)