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RICCI CURBASTRO: “INVESTIRE IN CONTROTENDENZA, CON UNA PROSPETTIVA DI LUNGO PERIODO, CONTRO IL VINO BIBITA”

Il Presidente Federdoc, nonché affermato vitivinicoltore, richiama tutti ad un maggiore senso di responsabilità sul fronte prezzi, per non far andare il vino fuori mercato. Ribadito anche il ruolo centrale dei consorzi di tutela, auspicando un incremento di funzioni e compiti per questi organismi, fondamentali per il successo delle denominazioni d’origine

19 giugno 2004 | Alberto Grimelli

Nato a Roma il 3 Luglio 1959, enologo, coniugato, con tre figli, dal 1979 si occupa con il padre della propria azienda agricola vitivinicola (Az.Agr. Gualberto Ricci Curbastro e Figli) a Capriolo (BS) in Franciacorta e dell’azienda agricola Rontana, recentemente realizzata sulle colline di Brisighella (RA).
Dal 1989 al 1995 è stato Presidente dell'Anga (Associazione Nazionale Giovani Agricoltori). In Confagricoltura ha ricoperto diversi incarichi nella Sezione Economica Vitivinicola Nazionale e nella Federazione Nazionale Coltivazioni Arboree, membro della Commissione Ambiente e Caccia.
Dal 1993 al 1999 è stato Presidente del Consorzio Vini a Denominazione d'Origine Franciacorta e dal Maggio 1998 è Presidente della Federdoc (Confederazione Nazionale dei Consorzi di Tutela dei Vini a Denominazione di Origine). Dal Giugno 1998 Presidente di Agriturist (Associazione Nazionale per l'Agriturismo, l'Ambiente ed il Territorio).
E’ Accademico Corrispondente dell'Accademia della Vite e del Vino e dell'Accademia dei Georgofili.
Ornitologo e fotografo naturalista per passione, ha collaborato a ricerche sul campo, alla realizzazione di alcuni progetti del WWF Italia e numerose sue fotografie sono state pubblicate sulle principali riviste e giornali italiani.



- Qualità e gradevolezza, gusto del consumatore. Non sempre esiste una stretta correlazione fra queste caratteristiche. Con lo sguardo rivolto al mercato, sia nazionale sia internazionale, si può stabilire una scala di priorità?
Non c’è una risposta assoluta a questa domanda né mai, per fortuna, ci sarà.
Credo che il gusto del consumatore sia l’elemento fondante per tutti i produttori. La gradevolezza è certamente una parte sostanziale nella qualità di un vino.
La qualità è un concetto molto vasto, legata a una cultura, ove il vino è legato a un modo di vivere, questo almeno per quanto riguarda la concezione degli europei. Proprio il rapporto con la tradizione, il territorio, nel lungo periodo, è l’elemento vincente nei confronti del vino bibita, della semplice bevanda fatta con l’uva.
In questo momento il mercato, soprattutto quello internazionale, premia questi ultimi tipi di vino, più facili, meno complessi, tuttavia il vitivinicoltore non deve ragionare nell’immediato ma su una scala decisamente più lunga, investendo anche in controtendenza, senza seguire le mode del momento.
- Crede che la gente comune conosca il vino in maniera adeguata, al punto da valutarne la qualità con cognizione di causa? Il consumatore di oggi, al di là delle mode spesso condizionate dalle buone azioni di marketing, è davvero nelle condizioni di riconoscere il giusto rapporto qualità-prezzo?
La qualità non è un concetto assoluto ma assolutamente relativo, ovvero condizionato dalle conoscenze e dalle esperienze proprie di ognuno di noi.
Tante più competenze si hanno tanto più si pretende, si cerca e si desidera. Oggi il concetto di qualità è molto diverso rispetto a quello di qualche decennio fa. La cinquecento soddisfaceva pienamente le esigenze di quei tempi, attualmente invece un’auto deve disporre di servosterzo e di tantissimi altri accessori.
Ad ogni livello di qualità, riconoscibile ed apprezzabile in modo diverso da ciascun consumatore, corrisponde un livello di prezzo. Ciò che si può rimproverare al settore in questo momento è proprio aver alzato oltre misura i prezzi al di là del loro valore intrinseco o di quello di altri prodotti con pari caratteristiche di altre nazioni.
- Congiuntura economica negativa, alti prezzi e aumento considerevole dell'offerta di ottimi vini hanno generato una flessione nelle vendite e nell'export. Per una celere ripresa sono state proposte numerose soluzioni. Zonin ha lanciato l'idea di una diminuzione dell'IVA. Federdoc ha una propria ricetta anti-crisi?
Federdoc, come espressione dei consorzi delle denominazioni d’origine, non deve ragionare in termini di attualità ma di prospettiva. Deve quindi volgere lo sguardo al futuro più che al presente.
Lavorando nell’ottica del lungo periodo, con programmi di ricerca che daranno i loro frutti dopo anni, non si tengono di conto le alterne vicende economiche.
Credo tuttavia che sia necessario ricordare ai viticoltori che esiste il giusto rapporto qualità-prezzo e questo va rispettato. Come pure occorre che i grossisti, i ristoratori e le enoteche non calchino troppo la mano, non ricarichino troppo sui prezzi mettendo il prodotto vino fuori mercato.
- La sicurezza e la traccibilità non sono più dei plus ma degli obblighi dettati sia dal legislatore sia dal consumatore. Federdoc ha promosso molti sforzi per il controllo dei vini a denominazione d'origine. È una scelta strategica della vostra associazione puntare molto sulle garanzie e sulla serietà del sistema di vigilanza?
È intrinseco nel concetto di denominazione d’origine quello di filiera e quindi quello di una traccia. Dal territorio al vigneto, dal vigneto ai vitigni, dalla barbatella alle uve qui prodotte, con regole precise, divengono bottiglie di vino che si possono quindi fregiare del marchi e del nome del territorio. Nel momento in cui io etichetto un vino a denominazione d’origine io racconto una storia che parte proprio dalla zona di produzione.
Il concetto di traccia è fondante per noi.
Il legislatore si sta impropriamente occupando di tracciabilità. In realtà la preoccupazione è proprio la sicurezza alimentare. Essendo informati sia la provenienza sia la destinazione di un determinato prodotto si possono quindi bloccare partite adulterate, arrivando a conoscere anche l’autore della truffa. Questo, naturalmente, l’auspicio delle autorità.
In realtà IGT, DOC, DOCG già si conformano, come abbiamo detto al principio di tracciabilità, ed sono anche prodotti sicuri e garantiti da una serie di analisi prima di essere messi in bottiglia.
Oggi il consumatore vuole tuttavia apprendere nel dettaglio i processi e i passaggi che portano un vino all’ottenimento della denominazione d’origine. Si tratta semplicemente di dare divulgazione e diffusione a dati già a disposizione dei consorzi di tutela. D’altra parte la fiducia del consumatore nei confronti di IGT, DOC o DOCG sta nei numeri, queste infatti rappresentano solo il 22% della produzione nazionale ma il 60% dell’export di vino, segno evidente che viene riconosciuto il loro valore.
- Tra gli scopi prevalenti di Federdoc non vanno dimenticati la ricerca e la promozione. Numerose anche le iniziative a cavallo fra i due settori come il premio "Bacco e Minerva", un utile confronto tra i vini prodotti dagli Istituti tecnici e professionali. Studi scientifici e divulgazione non legano tuttavia molto. Quanto la vostra associazione può e vuole favorire l'incontro fra questi due pilastri del settore vitivinicolo?
Prima ancora di ricerca, parliamo di formazione. Federdoc ritiene che la professionalità degli operatori del mondo vitivinicolo stia alla base del successo nazionale e internazionale del settore. Per questa ragione abbiamo provveduto a istituire questo premio che permette ai giovani di confrontarsi con gli altri ma anche direttamente col mondo produttivo, infatti i vincitori del premio “Bacco e Minerva” verranno ospitati nello stand Federdoc al Vinitaly, proprio per consentire loro un riscontro col mercato, un’esperienza importante che permetterà loro di arrivare più maturi e consapevoli nel mondo del lavoro e delle aziende agricole.
Per quanto riguarda la ricerca debbo dire che raramente gli studi condotti da Federdoc o dai consorzi di tutela possono essere divulgate al largo pubblico. Si tratta di tematiche specifiche, tecniche, difficilmente comprensibili ed apprezzabili dai non addetti ai lavori. Quando si parla di programmi di selezione clonale o di miglioramento dei lieviti è arduo trasferire queste informazioni in maniera attraente e soprattutto utile per il consumatore.
Infatti quando un visitatore della mia azienda chiede il sesto d’impianto o qualche altra informazione specifica ancor prima di aver assaggiato i vini mi preoccupo, poiché mi trovo generalmente di fronte a una persona che, a fronte magari di qualche lettura occasionale, vorrebbe disquisire di tecniche agronomiche o enologiche. Credo molto nella distinzione dei ruoli, il consumatore deve partire dal vino per poi approfondire, se crede, le fasi produttive, vale invece l’esatto contrario per il vignaiolo.
L’agricoltura non è certamente quella bucolica ed anacronistica dipinta talvolta dai media, è composta viceversa da passione, fatica e innovazione. La ricerca è un presupposto indispensabile per la crescita, anche qualitativa, delle derrate alimentari. Tuttavia gli studi scientifici, sebbene in taluni casi, come gli ogm, condizionati dai consumatori restano d’appannaggio proprio per gli operatori, per consentire un aumento generalizzato e positivo della qualità, tipicità e sicurezza alimentare.
- Riforma delle Denominazioni d'origine, ovvero della legge 164. Di recente, proprio a Milano, si è svolto un confronto tra i vari attori della filiera vitivinicola. A che punto siamo? Quali le maggiori perplessità di Federdoc rispetto alle proposte del sottosegretario Delfino?
La recente discussione di Milano ha sicuramente fornito al sottosegretario ulteriori elementi di riflessione ma non sono in gradi di definire i tempi e modalità di approvazione della riforma.
Se l’impianto generale non ci dispiace, tuttavia su alcuni specifici punti chiediamo che venga fatta chiarezza.
Già dall’articolo 1, quello fondamentale, è necessario ribadire il legame tra territorio, uva e vino. Questo richiamo credo sia stato recepito da tutti i componenti della filiera.
Altro elemento essenziale ed imprescindibile per Federdoc è il ruolo, i compiti e gli obblighi dei consorzi di tutela. Credo che questi organismi abbiano, già al momento attuale, tutte le carte in regola per diventare certificatori dei propri vini a denominazione d’origine. Un sistema siffatto permetterebbe, tra l’altro, di ridurre i costi senza che le garanzie per il consumatore vengano meno. Attualmente la bozza che abbiamo letto delinea solamente gli obblighi dei consorzi, senza definirne con precisione il ruolo. Credo che la riforma debba stabilirne anche, in maniera precisa, le funzioni e riconoscerne l’importanza affinché le denominazioni d’origine godano sempre della fiducia dei consumatori.
Un altro punto affrontato eccessivamente superficialmente dalla riforma è quella del Comitato vini. Noi desideriamo sicuramente snellirlo senza tuttavia svuotarlo di competenze. Sicuramente il carico di lavoro odierno appare eccessivo, anche a causa della inusitata prassi che vuole un pronunciamento per ciascuna istituzione o modifica di disciplinare di produzione, Deve quindi diventare un organo di consultazione flessibile, le cui decisioni però non possano venire ignorate dai funzionari del Ministero. Se un consesso di esperti si pronuncia il suo giudizio non può venire ignorato e disatteso da un impiegato. Questo non significa, naturalmente, che il Comitato abbia sempre ragione e che le sue deliberazioni vengano incondizionatamente applicate, ma chiediamo che, in caso di controversia, intervenga il potere politico, ovvero il Ministro con una decisione d’autorità.
Credo che, dato che siamo in una fase di discussione, le manchevolezze siano dovute alla fretta di presentare un progetto di legge. Confido che l’ampio dibattito a cui prendiamo attivamente parte porti presto a risultati concreti e tangibili.
- Lei proviene da una famiglia di vitivinicoltori. Quanto le ha giovato quest'esperienza diretta sul campo?
Come viticoltore mi considero un agricoltore e, in quanto tale, mi considero affetto da un virus per il quale purtroppo non esiste guarigione. Ho detto, scherzando, che si può fare questo lavoro solo se c’è passione, amore.
Ho sempre interpretato il tempo dedicato al Consorzio Franciacorta prima e alla Federdoc ora, come una parte del lavoro giornaliero di viticoltura. Sono assolutamente convinto che il successo di ciascun vignaiolo sia strettamente legato a quello della denominazione d’origine di cui fa parte, e qualcuno deve occuparsi dei consorzi di tutela, senza i quali non esisterebbero neanche le straordinarie affermazioni dei nostri vini nel mondo. È giusto allora che gli imprenditori capaci si impegnino anche in questo campo e forniscano il loro attivo contributo.