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L'ANIMA DEI FATTI E DELLE OPINIONI
La voce dei lettori prende corpo. "Teatro Naturale" accoglie ogni settimana le lettere su svariate problematiche. Ne presentiamo una che pone in evidenza la questione inerente la possibile istituzione di un extra vergine a marchio Igp "Puglia". Con le contraddizioni che emergono
12 giugno 2004 | T N
Sin dal suo apparire, con l'esordio in rete del 6 settembre 2003, il settimanale "Teatro Naturale" ha voluto dar voce ai propri lettori. D'altra parte non poteva essere diversamente, considerando che la rivista nasce con l'esclusivo intento di favorire la formazione di un "pensiero rurale" e creare una dimensione di circolarità del pensiero.
Sì, parliamo proprio di pensiero. Una dimensione difficile da far percepire come esigenza forte e prioritaria. Di pubblicazioni riguardanti le tematiche agricoltura-alimentazione-ambiente ve ne sono tante, mancano però testate giornalistiche che vanno oltre la sola informazione, che abbiano il coraggio di osare, di esternare le critiche, quando necessarie, al sistema, ai potentati di turno.
C'è troppa assenza di coraggio. Disturbare con la forza del pensiero non sta bene. Ma noi abbiamo a cuore il comparto agro-alimentare, le sorti dell'ambiente, le attenzioni per la cultura.
Con questo spazio in prima pagina vogliamo onorare la seguitissima rubrica delle "lettere" e invitare a scriverne molte altre. Daremo ampio spazio a ogni problematica o testimonianza.
Intanto vi proponiamo una lettera di Massimo Occhinegro, qualificato professionista del comparto olio di oliva. La mail che abbiamo ricevuto chiama a una riflessione importante: la società è pronta mutare atteggiamento,a investire su se stessa? Nel caso del Sud d'Italia sono tante le speculazioni, i danari che girano per finire chissà dove e a beneficio di chi.
Occhinegro sostiene la necessità di rilanciare l'olio di oliva di qualità attraverso l'istituzione di una Igp "Puglia".
Comprendiamo il bisogno di favorire una svolta, ma va anche detto che, in genere, affinché una menzione geografica abbia il successo tanto auspicato, affinché gli investimenti, il maketing possano realmente funzionare, è fondamentale ed oltremodo necessario che sia la tradizione, sia i riscontri corali del luogo di produzione abbiano avvertito tale esigenza ed essere di conseguenza estrememente incisivi e fattivi, ma non dall'ultima ora, già da molti anni, perché occorre sentire forte la pulsione ad agire, a far fronte comune. Toscana docet. Purtroppo non è così per la Puglia. Il risveglio è solo recente. Occorre attendere ancora un po' di tempo prima di vedere i primi risultati.
LA VOCE DEI LETTORI
Gent.mo Dott. Luigi Caricato,
ho letto , sia pure con un ritardo di qualche mese, il suo articolo dal titolo "Extra Vergine e Dop. La Puglia olearia mostra i muscoli possenti si, ma dopati."
Innanzitutto mi presento: mi chiamo Massimo Occhinegro e da dieci anni opero nel settore dell'olio di oliva per conto di un'azienda pugliese, la Nicola Pantaleo Spa di Fasano in provincia di Brindisi, come marketing manager estero.
Laureatomi alla Bocconi di Milano, commercialista, ho avuto la fortuna e la capacità di affermare il prodotto di un'azienda pugliese nel mondo, ed in particolare in Giappone.
In merito alla questione, della IGP, ho avuto modo di lanciare, per primo, l'idea di creare una IGP PUGLIA, in occasione di una mia conferenza tenutasi in occasione del premiobiol alla CCIAA di Bari, nel mese di Aprile 2003.
Ho avuto modo di scrivere sull'argomento anche sulla rivista "Olivo e Olio", e da un sondaggio fatto, sia pure non approfondito, ho trovato molti operatori interessati. Lo stesso Marmo, politico, a cui ho scritto, allegandogli i miei articoli, mi ha sucessivamente trasmesso un fax, accogliendo con favore la mia iniziativa.
Lei sostiene che la IGP porterebbe solo svantaggi e confusione. Personalmento non sono d'accordo. E lo dico convinto.
I vantaggi sarebbero innumerevoli:
- lo sforzo di marketing concentrato;
- la possibilità di affermare un marchio di un'impresa;
- la possibilità di vendere un prodotto sempre valido, organoletticamente parlando, anche in periodi di campagna di scarica in particolari aree;
- la possibilità di poter contare su interventi mirati da parte della Regione;
- la possibilità di portare avanti, nel mondo il nome della PUGLIA che significa anche turismo, e prodotti tipici. Non dimmentichiamoci, infatti che all'estero, il nome PUGLIA è sicuramente più conosciuto di Brindisi o Bari ecc.
- la possibilità , di attribuire una buona immagine al nostro olio pugliese, finora giudicato, "pesante" o "forte" dai non esperti consumatori;
- la possibilità di operare dei tagli sapienti, con l'utilizzo di varie olive provenienti dalla Puglia, ci consentirebbe di dimostrare che sappiamo fare un buon olio che non ha nulla da invidiare a quello "osannato" Toscano o Umbro o addirittura Ligure o del Garda che ha produzione a livello di schedina del totocalcio.
Come marchio "ombrello", porterebbe al traino le altre DOP, ripercorrendo al contrario ciò che ha fatto la Toscana che ancora una volta, ci sovrasta, sotto l'aspetto dei numeri di prodotto confezionato tipico venduto, pur producendo in media solo l'8% della produzione nazionale contro il nostro 34-35%.
Ho sentito anche il Sig. Nicola Ruggiero, il quale si è detto, contento dell'idea, ma nei fatti, purtroppo non si è dato da fare. Se Terra di Bari, vuole ricoprire un ruolo di primo piano, come è anche giusto che sia, bene, possiamo dargli la menzione speciale in etichetta, questo certamente darebbe un plus al loro prodotto.
Da parte mia , sono convinto che la strada dell'IGP Puglia sia la strada vincente.
per concludere le racconto un piccolissimo episodio che mi è capitato operando nei mercati esteri.
Una grossa catena inglese, mi chiese dei campioni di Collina di Brindisi, purtroppo quello disponibile non era, obiettivamente granché. Mi rispose dicendo che non era piaciuto affatto. Loro continuano ad acquistare però Toscano o Umbro.
La saluto molto cordialmente e la ringrazio per i suoi articoli che leggo con interesse, anche se in qualche caso, francamente, mi trovo in disaccordo.
Massimo Occhinegro
Ho letto e apprezzato la sua mail, nelle intenzioni e nello spirito; ma resto ugualmente perplesso sull'opportunità di istituire una Igp Puglia per l'extra vergine.
I punti che lei ha messo in evidenza sono tutti ampiamente condivisibili, sia chiaro.
La mia perplessità non è tuttavia sulla Igp come tale, nonostante mi sia comunque difficile accettare l'idea di unificare un territorio così complesso, variegato e perfino inconciliabile nei suoi tratti distintivi - soprattutto sul piano culturale, ma non solo.
La Puglia sarebbe più corretamente da definire "le" Puglie, come alcuni ancora fanno, seppure erroneamente.
In verità l'espressione "le Puglie" non è poi così infelice, in quanto implica una perfetta adesione con la realtà . Non si può infatti negare la netta e sensibile separazione culturale e antroplogica esistente tra Nord e Sud della regione.
Il Salento - includendo in tale accezione le province di Lecce, Brindisi e Taranto - ha un profilo ben diverso, e non solo nei rispettivi dialetti. Tant'è che a più riprese si è tentato di procedere verso un Salento autonomo, rispetto alle province di Bari e Foggia; iniziativa che finora non ha trovato sbocchi definitivi e determinanti, ma che insiste quale idea in ogni caso plausibile.
Non nascondo che in tale separazione - del Salento dal resto della Puglia - mi ci ritrovo fortemente; ma questo è un tema che non è il caso di affrontare ora.
Passiamo invece all'olio. Lo faccio attraverso un esempio concreto, mutuato dal mondo enoico: l'Igt "Puglia" è stata riconosciuta ufficialmente con un decreto del settembre 1995. Sono trascorsi tanti anni e non mi sembra che tale "inutile" Indicazione geografica tipica abbia funzionato, sugli scaffali e nell'immaginario collettivo.
Ecco dunque il suo proposito di estendere l'appellativo "Puglia" anche agli extra vergini.
Mi sembra una iniziativa lodevole e condivisibile, in linea teorica; ma non per questo opportuna, nella sua applicazione pratica.
Resta piuttosto da fare una seria riflessione sul tessuto sociale in cui si vorrebbe intervenire.
A livello istituzionale io intravedo - ad oggi - solo il vuoto, l'incompetenza, gli interessi di bottega, l'assenza di buoni propositi, la latitanza di sani ideali.
Seguo invece con grande attenzione l'impegno degli imprenditori pugliesi nel lodevole intento di qualificare un territorio abbandonato a se stesso. Ma la responsabilità dell'arretratezza di una regione olivicola incapace di essere "punto di riferimento" per il resto del Paese è solo da addebbitare a un tessuto sociale sfilacciato e senza anima.
La classe politica e dirigenziale che gestisce più o meno direttamente le sorti dell'olivicoltura pugliese esprime in maniera compiuta e perfettamente aderente l'attuale identità di una società civile che non ha ancora trovato, finora, un proprio profilo e un'identità .
Si è mai chiesto il perché le altre regioni, pur rappresentando quote esigue e marginali, riescano a imporre la propria immagine e a guadagnare forti consensi sui mercati?
La differenza, in Puglia, finora è l'eccezione a farla.
L'azienda che lei rappresenta (insieme ad altre - e non sono poche), ha raggiunto alti obiettivi, ma con la fatica dei propri sforzi. Costituisce l'eccezione, appunto. Il resto della società pugliese è invece ferma e immobile, chiusa nell'ignavia.
Sarò eccessivo, sicuramente, ma gli esempi concreti non mi mancano.
Ha presente il Teatro "Petruzzelli" a Bari? A che punto è la ricostruzione? Ci sarà mai una ricostruzione?
Ha presente invece il Teatro "La Fenice" a Venezia? La cronaca qui parla chiaro: è stato ristrutturato in tempi record ed è in piena funzione.
Ecco, dunque, il perché le sue argomentazioni sono deboli.
In linea teorica sono ineccepibili.
Le motivazioni d'ordine commerciale sono plausibili; il marketing le riconosce utili e opportune.
Le uniche perplessità sono però di natura tecnica e organizzativa.
Cosa accadrebbe qualora si decidesse di istituire la Igp "Puglia" per gli extra vergini prodotti in regione?
Ci sarebbe la consueta corsa a occupare le cariche di presidente e direttore di qualche consorzio e sottoconsorzio, come già accade su più fronti.Con gli esiti che purtroppo sappiamo.
Alla fine sono sempre gli stessi uomini, le stesse facce neppure esteticamente belle, nemmeno radiose, men che meno illuminanti, che da decenni ripetono la stessa cantilenante solfa, gestendo malamente un incalcolabile tesoro già banalmente dissipato.
La esasperante e smodata politicizzazione e burocratizzazione di ogni ambito istituzionale e associativo ha ucciso l'agricoltura pugliese.
Finché non si farà tabula rasa, fino a quando non si ridona verginità a una realtà tanto malridotta, nulla è possibile realizzare di buono in questa terra benedetta e maledetta.
I numeri purtroppo condannano la Puglia. Mentre i riferimenti a Toscana, Garda e Liguria esprimono una realtà vincente, in grado di valorizzare al meglio le potenzialità produttive, relativamente agli oli a denominazione di origine, la Puglia può solo vergognarsi della propria incapacità a gestire un tesoro ridotto a poca cosa.
Il secondo Rapporto nazionale sugli oli italiani a marchio Dop (Roma, dicembre 2003) evidenzia una anomalìa gravissima.
Mentre l'Igp "Toscano" copre il 63,3 per cento della sua disponibilità (e si tralascia peraltro la quota delle Dop!), seguito dalle Dop "Garda" (con il 39,4 per cento) e "Riviera Ligure" (con il 28,2 per cento), le altre denominazioni pur disponendo di elevate potenzialità produttive, come nel caso di "Terra di Bari" e "Dauno", si attestano su quote di prodotto certificato sostanzialmente marginali rispetto al potenziale prodotto nell'area. Le due Dop sono rispettivamente inchiodate all'1,4 e allo 0,9 per cento.
La Dop "Collina di Brindisi" si attesta invece sull'1,2 per cento, ma la maglia nera in assoluto spetta di diritto alla Dop "Terra d'Otranto", irrimediabilmente ferma allo 0,2 % di prodotto certificato.
Sa cosa accade nel mondo del calcio quando un allenatore non raggiunge i risultati che la società di riferimento si era proposta all'inizio di un campionato?
Debbo ancora proseguire?
Nel comparto oleario pugliese vi sono tanti matusalemme incollati alle poltrone, ma vi è anche un tessuto sociale che favorisce tale stravagante anomalìa. Davvero deprimente.
Le pare possibile una situazione del genere? Dal mio punto di vista è tristemente vergognosa e insulsa.
Attendo perciò con fiducioso pessimismo una svolta.
Solo a seguito di un radicale cambiamento dell'attuale stato delle cose, si può iniziare a discutere di una specifica Indicazione geografica protetta per l'olio extra vergine di oliva "Puglia"; ma, lo ripeto, non ne condivido comunque - su un piano strettamente tecnico - la necessità .
Luigi Caricato