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Presto una task force contro frodi e contraffazioni
In un’intervista esclusiva al nostro settimanale, esternazioni a tutto campo del Ministro Zaia: “la crescita dell’agricoltura italiana passa da una rivalutazione generale del ruolo degli imprenditori agricoli”
27 settembre 2008 | Alberto Grimelli, Luigi Caricato
Luca Zaia nasce 40 anni fa a Conegliano, in provincia di Treviso. Eâ sposato dal 1998 e risiede a Bibano di Godega di SantâUrbano nella sinistra Piave trevigiana. Si diploma nel 1987 alla Scuola Enologica âG.B. Cerlettiâ di Conegliano. Nel 1993 si laurea allâuniversità di Udine, in scienze della produzione animale.
Eâ tra i più giovani Ministri del Governo Berlusconi e uno dei più giovani Ministri dellâAgricoltura nella storia dâItalia.
Lo abbiamo intervistato, cogliendo alcine delle linee programmatiche della sua azione presente e futura.
- Ministro, se dovesse fornire un sintetico quadro dellâagricoltura italiana nel suo complesso, senza considerare le sue intrinseche potenzialità , che giudizio esprimerebbe: positivo, critico o negativo?
Nel primo trimestre del 2008 il Pil agricolo è stato pari al +6,9%. Per lâIstituto Nazionale di Statistica lâagricoltura e lâagroalimentare sono gli unici settore che fanno registrare un andamento congiunturale positivo del Pil, in controtendenza rispetto agli altri comparti economici. Ciò non toglie però che il settore viva un momento di forti difficoltà perché agli aumenti generalizzati dei costi, dallâenergia ai mangimi, non è corrisposto alcun aumento per i redditi degli agricoltori che sono il vero anello debole della catena.
Câè molto lavoro da fare a tutela del nostro modello agricolo nelle sedi internazionali, a partire da un fatto essenziale: rimettere al centro delle nostre politiche di sviluppo futuro, la produzione agricola e gli agricoltori, da sempre, e a torto, considerati delle Cenerentole, degli imprenditori di serie B. Oggi la crescita dellâagricoltura italiana passa anche da qui: da una rivalutazione generale del ruolo degli imprenditori agricoli, che con senso di responsabilità sono chiamati a âcustodireâ e gestire in maniera ecosostenibile i territori.
- Se fosse nei panni di un agricoltore anziano, spingerebbe suo figlio ad occuparsi di agricoltura, o lo inviterebbe piuttosto a trovarsi unâaltra sistemazione, optando per altri ambiti lavorativi?
Ognuno credo debba seguire la propria strada, ma in tutta onestà credo che consiglierei a mio figlio di abbracciare questo mestiere, che richiede sacrificio, pazienza e dedizione, come tutte le passioni, soltanto se ci crede veramente. Veniamo da due decenni di grandi difficoltà per la nostra agricoltura, anni in cui non câè stato ricambio generazionale, câè stata una scarsa capacità di introdurre investimenti e innovazione nei modelli di gestione delle imprese. Oggi invece il vento sta cambiando. Ho stretto molte mani giovani in questi mesi e sentito energia ed entusiasmo nuovi. Lâattenzione al mondo agricolo cresce e lâagricoltura attrae nuovi investimenti e nuovi imprenditori ed è per questo che avremo bisogno di servizi sempre più avanzati, meno burocrazia e tanta innovazione. Aggiungo che, in generale, i nostri agricoltori sono in condizioni di operatività fuori mercato. I costi dei terreni ad esempio in Francia sono di 6500 euro allâettaro, in Olanda di 8500, in Italia si arriva a 25mila euro. Nelle nostre regioni, con 25mila euro non te li fanno neanche vedere i campi. In Toscana, ad esempio, un ettaro di Brunello costa 500mila euro, un ettaro di seminativo 150mila allâettaro. In Piemonte accade lo stesso. Moltissimi giovani mi scrivono: vorrebbero fare gli agricoltori ma non sanno da dove cominciare. A questo punto servirebbero interventi consistenti come i vecchi Piani verdi che sono stati una grande opportunità per lâagricoltura, consentendo ai giovani di aprire mutui quarantennali e di costruire aziende vitali per stare sul mercato.
- Come esistono due Italie, con due economie differenti e diversi motori propulsori, così in agricoltura, ancor di più, questa separazione appare più netta. Crede che il Sud sia una palla al piede o una risorsa su cui investire? E se si tratta di investire, quali strade ritiene praticabili?
Credo che il federalismo, che per noi è una priorità , in agricoltura e nellâagroalimentare sia da tempo una realtà consolidata, come testimoniano le tradizioni e la storia delle produzioni enogastronomiche regionali. E credo che riuscire a fare dellâidentità dei territori la chiave di volta per arrivare sui mercati internazionali sia al momento lâunica strada percorribile per vincere la sfida della competitività . Soprattutto in un periodo storico come questo, dove âglobalizzazioneâ significa spesso omologazione.
Credo che il federalismo servirà a colpire la scorza dura dei privilegi e dei privilegiati. Sono convinto che sarà quella la chiave perchè ciascuno possa finalmente determinare il proprio punto di vista, i propri interessi, la propria cultura, perché si possa avere, ognuno, gli strumenti migliori per disegnare il proprio futuro.
- Ha recentemente dichiarato che sarà un autunno caldo perché lâEuropa è una matrigna che ha rovinato lâagricoltura italiana. Tuttavia nellâUe le pressioni per eliminare le sovvenzioni al settore primario sono insistenti e numerose. Pensa davvero vi siano le condizioni politiche per ricostruire una vera Politica Agricola Comune?
Credo che la Pac sia uno strumento utile, ma che debba essere attuabile e funzionante, adeguata a dare risposte alle emergenze e ai problemi di oggi. Ciò che è stato fatto fino ad oggi è quindi insufficiente. In queste settimane, stiamo lavorando in Commissione europea e ai rapporti bilaterali con i Paesi membri, perché la trattativa dellâHealth Check della Politica Agricola Comune, che si discuterà fra ottobre e novembre prossimi, sia migliorata. Dovrà servire a migliorare la competitività delle imprese e, soprattutto, ad avvicinare il mondo agricolo ai consumatori, garantendo loro sicurezza alimentare, prodotti di qualità e strumenti adeguati di lotta al caro prezzi.
Il mio maggior timore è che la Pac sia incapace di âsvecchiarsiâ e, quindi, determini la sua fine. In questo momento è invece importante legittimare agli occhi dei 450 milioni di cittadini europei lâefficacia di questo strumento per obiettivi di interesse generale come la lotta ai cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare, lo sviluppo sostenibile. E per sostenere le imprese, che sono il motore indispensabile per raggiungere i grandi obiettivi di lungo periodo. In questo quadro, sarà importante intervenire nella gestione delle crisi e delle politiche dei prezzi; si pensi ad esempio alla gestione dellâaumento delle quote latte che potrà dare finalmente risposte complete alle giuste richieste degli allevatori e dei consumatori. Infine, dovremo riuscire a sburocratizzare e semplificare la Pac, perchè le nuove opportunità di sviluppo offerte da questo settore possano essere prontamente trasformate in fatti concreti ed effettivamente sostenibili in termini economici. Su queste basi occorrerà cercare le giuste alleanze in Europa per difendere la Pac innovandola, le risorse ad essa destinate ed avere così gli strumenti necessari a vincere la sfida dei mercati, dove dobbiamo competere con Paesi che hanno ben altre risorse naturali e ben altri costi di produzione.
- Appena insediatosi, ha dovuto risolvere la grossa grana legata alle truffe nel comparto vitivinicolo, oltre che la complessa questione del Brunello di Montalcino. Si sta forse sgretolando un sistema che vacilla?
Francamente credo che il sistema funzioni, i controlli funzionano e da noi è molto più difficile farla franca. A questo si aggiunge il fatto che stiamo lavorando ad un ulteriore rafforzamento del sistema di controlli. Sarà presto costituita una task force che riunirà i Carabinieri Politiche Agricole, il Corpo Forestale dello Stato e lâIspettorato Centrale per il Controllo della Qualità dei prodotti agroalimentari. Inoltre sarà presentato nei prossimi mesi un disegno di legge per lâinasprimento delle pene nei confronti dei criminali dellâagroalimentare. La sicurezza viene prima di tutto.