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FRANCESCO VISIOLI: "SI APRE UNA NUOVA AREA DI RICERCA, AL CONFINE TRA NUTRIZIONE E FARMACOLOGIA"

Molecole-bersaglio, composti chimici prodigiosi: omega3, resveratrolo e gammaorizanolo. "Il sogno di tutti: poter fumare, vivere sedentariamente, e mangiare e bere in eccesso, salvo poi rimediare a tutto con farmaci o alimenti arricchiti. Purtroppo non funziona così"

20 marzo 2004 | Alberto Grimelli

Francesco Visioli si e' laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche ed e' Dottore di Ricerca in Biotecnologie. Dopo qualche anno in Louisiana, e' tornato in Italia dove, con il Prof. Claudio Galli, ha iniziato a studiare gli antiossidanti naturali, in particolare scoprendo le attivita' biologiche (e potenzialmente rilevanti per la salute umana) dei componenti fenolici dell'olio d'oliva extra vergine. Attualmente lavora presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell'Universita' di Milano ed ha una posizione accademica alla Oregon State University. La sua produzione scientifica e' testimoniata da oltre 100 pubblicazioni, meta' delle quali su riviste internazionali.



- Un ricercatore della Facoltà di Farmacia si occupa di olio extravergine d'oliva e di nutrizione. Davvero le derrate alimentari possono avere scopo terapeutico?
Piu' che terapeutico direi preventivo. E' ormai accertato che lo stile di vita, compresa la scelta dei cibi, ha enorme influenza sul nostro stato di salute e sull'incidenza delle patologie, in particolare malattie cardiovascolari e tumori. La conseguenza e' lo sviluppo di una nuova area di ricerca al confine fra farmacologia e nutrizione, per individuare i componenti degli alimenti a cui attribuire, su basi scientifiche, proprieta' salutistiche. I nostri studi sui composti fenolici dell'olio extra vergine (iniziati in provetta e proseguiti su cellule in coltura, animali da laboratorio, volontari sani e pazienti secondo la prassi farmacologica) vanno in questa direzione: stabilire se alcuni componenti di un alimento cui da millenni sono state attribuite (ma mai dimostrate inequivocabilmente) proprieta' salutistiche, possano giocare un ruolo nella prevenzione delle patologie.
- Gamma orizanolo, rasveratrolo, omega3. Tutti composti chimici più o meno complessi le cui doti salutistiche sono molto propagandate. Sono davvero miracolose molecole-bersaglio oppure è stato il marketing ad avergli conferito questa caratteristica?
Bisogna distinguere: per alcune di queste molecole gli studi sono abbastanza avanzati. Ad esempio, gli acidi grassi omega 3 hanno proprieta' cardioprotettive dimostrate da numerosi studi clinici controllati. Per altre molecole (resveratrolo, gamma orizanolo) manca questo tipo di studi e le loro attivita' sono state per lo piu' studiate "in vitro", cioe' in modelli semplificati (indispensabili come punto di partenza in ogni studio farmacologico, ma non sufficienti ad attribuire loro attivita' sulla salute umana). Da qui a dire che queste molecole hanno attivita' farmacologiche "in vivo", cioe' nell'uomo, ne corre, sia per la difficolta' di questi studi sia per il loro costo. E' anche concettualmente pericoloso isolare questi composti da un contesto complesso di alimenti, dieta ecc, in quanto si rischia di spostarsi verso un'ottica farmacologica piu' che alimentare.
- Alimenti arricchiti, oli vitaminizzati etc. Tutto fatto per la nostra salute? Oppure possono creare degli scompensi nutrizionali?
L'unico scompenso che si puo' creare e' quello che deriva dall'affidare la propria salute a singole "molecole magiche" invece di correggere alimentazione e stile. E' il sogno di tutti: poter fumare, vivere sedentariamente, mangiare e bere in eccesso, per poi poter rimediare a tutto con un farmaco o un alimento arricchito. Purtroppo non funziona cosi', curare l'alimentazione e lo stile di vita (senza assumere atteggiamenti maniacali, ma anzi coniugando gusto con salute) e' ancora la miglior assicurazione sulla salute che possiamo stipulare.
- Quale lo stato dell'arte sugli effetti in vivo degli antiossidanti naturali, primi fra tutti quelli dell'extravergine d'oliva? Quanta strada resta ancora da compiere?
Nonostante le pubblicita' e i numerosi articoli che vantano le proprieta' salutistiche degli antiossidanti naturali, i dati scientifici di buone qualita' ottenuti nell'uomo sono ancora scarsi e, a volte, contraddittori. Perche', nonostante esistano basi biochimiche molto forti, non si riesce a stabilire con certezza se il consumo di antiossidanti attraverso i cibi abbia azioni preventive nei confronti dello sviluppo di malattie cardiovascolari e tumori? Prima di tutto mancano metodologie adeguate per valutare gli effetti di questi composti nell'uomo. E' facile misurare la pressione arteriosa, il peso corporeo, la glicemia ecc. E' a tutt'oggi praticamente impossibile stabilire con certezza e quantitativamente se un individuo e' a rischio di stress ossidativo. Di conseguenza e' difficile stabilire se gli antiossidanti hanno effetto, in quanto non si sa bene cosa misurare prima e dopo il consumo di questi composti. Resta quindi parecchia strada da percorrere per dire con certezza se, ad esempio, il trans-resveratrolo abbia attivita' salutistica (per altro improbabile data la sua bassa concentrazione in vini di buona qualità). Per quanto riguarda l'olio extra vergine, il nostro gruppo di ricerca ha iniziato lo studio delle attività salutistiche dei fenoli nel 1993, pubblicando il primo lavoro nel 1994. In questo campo siamo stati i primi e a tutt'oggi siamo punto di riferimento per numerosi studiosi di tutto il mondo, come testimoniato dalle pubblicazioni scientifiche del nostro gruppo e dai numerosi inviti a tenere conferenze che ci giungono in continuazione. Molti altri gruppi, italiani ed internazionali, ci hanno affiancato in questo percorso che e' a tutt'oggi in divenire. Quest'anno, ad esempio, pubblicheremo nell'European Journal of Nutrition, il primo studio mai effettuato su pazienti dislipidemici, in cui dimostriamo le attivita' potenzialmente protettive dell'olio extra vergine sul sistema cardiovascolare di pazienti con moderata ipertrigliceridemia ed ipercolesterolemia. Devo onestamente dire che si tratta di un solo studio, molti altri ne dovrebbero seguire per poter attribuire, con certezza scientifica, proprieta' salutistiche all'olio extravergine. Puo' sembrare impossibile a molti, ma non ci sono ancora evidenze scientifiche che pongano l'olio d'oliva al di sopra di altri: sono necessari ulteriori studi, purtroppo costosi e complessi. Noi abbiamo la fortuna di aver trovato uno sponsor lungimirante, grazie al quale abbiamo (primi al mondo) dimostrato nell'uomo alcune proprieta' dei fenoli dell'oliva prima dimostrate esclusivamente in provetta. La strada e' ancora lunga, ma i risultati disponibili in letteratura portano a suggerire (anche se non dimostrare inequivocabilmente) su base scientifica il consumo dell'extra vergine come grasso alimentare principale.
- Ricerca universitaria. A cosa è dovuta la ritrosia del mondo accademico italiano a fare divulgazione e a confrontarsi col settore produttivo privato?
Un po' per tradizione, un po' per l'intrecciarsi di gelosie, un po' perche' spesso gli interlocutori (da entrambi i lati) mancano di adeguate basi culturali, c'e' la tendenza a chiudersi nelle torri d'avorio e a non dialogare costruttivamente con strutture che non siano strettamente correlate al mondo accademico. Devo pero' far notare che la resposabilita' della mancanza di dialogo e' da attribuire ad entrambi le parti: spesso e' proprio il settore produttivo privato a non cercare un dialogo che esuli dal campo strettamente correlato al marketing. Al contrario di quanto avviene per l'industria farmaceutica, l'industria alimentare non ha ancora (per storia e per cultura) la nozione di investire in ricerca di alta qualita' su nutrizione e salute umana. Ci sono poche e lodevoli eccezioni, ma la maggior parte del settore privato non ricerca interazioni che vadano al di la' della mera divulgazione "propagandistica", molto spesso non supportata da dati scientifici consolidati. Io tengo spesso lezioni e conferenze in tutto il mondo e cerco di utilizzare linguaggio divulgativo anche in ambienti accademici: ricevo pero' pochi inviti da parte di realta' private, evidentemente poco interessate ad iniziare un dialogo che non coinvolga strettamente i loro interessi commerciali e di marketing.
- Per la Sua attivià viaggia molto e ha l'occasione di valutare le strutture e l'efficienza di Università di altri Paesi. Cosa dovremmo apprendere e cosa invece potremmo apportare dal mondo estero della ricerca?
Collaboro con ricercatori di tutto il mondo ed ho la fortuna di lavorare anche al Linus Pauling Institute della Oregon State University, il maggior Istituto al mondo per lo studio dei micronutrienti. Di sicuro potremmo importare la lungimiranza di investimenti nella ricerca di base, non strettamente applicativa, i cui frutti si vedono dopo anni di faticosi esperimenti. In Italia (ma anche in Europa) questo tipo di finanziamenti manca quasi totalmente e ci contringe ad impostare protocolli di ricerca che prevedano immediati sbocchi applicativi, saltando spesso certi passaggi necessari a consolidare le basi scientifiche. Gli italiani esportano la fantasia applicata alla ricerca ed anche la capacita' di lavorare duro, qualita' molto apprezzate all'estero, dove la ricerca italiana, nonostante le difficoltà di cui sopra, teme pochi confronti.