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OLI VEGETALI, CONOSCIAMOLI MEGLIO

Dalle dinamiche di mercato, che vedono gli oli di semi vincenti su ogni fronte, alle tecnologie di estrazione. Ecco le ultime mode, dagli oli di semi ad alto oleico a quelli ottenuti per estrazione meccanica, con l'approfondimento intorno agli aspetti nutrizionali. “L’extravergine d’oliva possiede antiossidanti di origine esclusiva", afferma il professor Maurizio Servili

14 febbraio 2004 | Alberto Grimelli

Sebbene l’extravergine d’oliva sia unanimemente riconosciuto come il migliore grasso vegetale, la sua produzione, commercializzazione e consumo rimane assolutamente marginale rispetto agli altri oli vegetali. Sulla base di studi dell’Università di Milano possiamo affermare che la produzione di tutti gli oli di oliva, compresi quindi anche i rettificati, rappresenta solo il 2,3% di tutti gli altri grassi vegetali. Pertanto dobbiamo escludere che questo possa essere considerato una commodity, ovvero una materia prima largamente nota e diffusa. Inoltre se le previsioni a medio e lungo termine, elaborate dal Coi (Consiglio oleicolo internazionale) e dal Prof. Gunstone, sono esatte la produzione mondiale di olio d’oliva è minore dell’incremento medio della produzione mondiale degli oli di semi.



Dai dati presentati in questo studio si può anche evincere che la produzione e i consumi degli oli vegetali si sviluppano più velocemente della popolazione, e quindi la popolazione mondiale tende al miglioramento nutrizionale, passando da una alimentazione di origine animale a una vegetale.
Tuttavia non pare che l’olio di oliva venga agevolato da questo trend mondiale. Negli ultimi anni il suo prezzo è diminuito velocemente, e analizzando gli andamenti produttivi si deduce che rispetto a un incremento medio della produzione mondiale del 20% circa, l’aumento dei consumi è attestato a un più modesto +15%. Questo significa che sussiste un surplus produttivo che condiziona al ribasso il valore del prodotto, al di là delle qualità nutrizionali o salutistiche.
Ricordo anche che il 60% della produzione è consumato proprio dai principali Paesi produttori (Italia e Grecia su tutti). Il Coi ha stimato però che circa 200 milioni di abitanti, di varie nazioni europee, ma anche statunitensi e giapponesi, potrebbero rapidamente raddoppiare il loro consumo pro-capite annuo. Questo annullerebbe il surplus produttivo e anzi creerebbe le condizioni per una valorizzazione del prodotto olio d’oliva in genere, extravergine in particolare.

Tecnologia d’estrazione
- Oli vegetali
I diversi semi oleosi, ricchi per oltre il 20% d'olio, dopo essere stati decortizzati e puliti vengono ridotti in minuscoli pezzetti da mulini speciali a cilindri rigati.
Così macinati, sono riscaldati e portati a un'umidità prestabilita in speciali condizionatori. Inizia quindi il processo di spremitura che viene effettuato con passaggi in presse continue. Durante questa fase, detta di spremitura continua, la massa del seme è sottoposta ad alte pressioni raggiungendo temperature dell'ordine di 180-190° C.
In tal modo, la quasi totalità dell'olio contenuto nella massa del seme, circa l'88-94%, viene estratta.
Il prodotto così ottenuto è ricco di mucillagini, farine di seme e piccoli pezzi dello stesso, composti indesiderabili per l’utilizzazione finale e non sono commestibili subito dopo l’estrazione, lo diventano solo per raffinazione.
Raffinazione o rettificazione degli oli sono termini equivalenti che indicano una serie di trattamenti industriali destinati ad eliminare da un olio le sostanze estranee. Queste fasi tecnologiche possono essere così schematizzate e riassunte:
1.degommazione, ovvero rimozione di gomme e mucillagini
2.deacidificazione
3.decolorazione
4.deodorazione
5.demargarinazione, ovvero rimozione delle cere
- Olio di oliva
Il frutto viene lavato, quindi franto, ridotto cioè in minuscoli pezzetti e quindi la pasta ottenuta viene gramolata per favorire l’aggregazione delle micelle oleose. Per la separazione delle varie fasi (olio-acqua-sansa) viene usata una pressa o un decanter. Per ottenere un olio pulito, ovvero privo di residui solidi e minuscole gocce d’acqua, si usa una centrifuga verticale. Quindi l’intero processo di estrazione è esclusivamente meccanico e non prevede l’uso di alcun coadiuvante chimico. Si è ottenuto così un olio vergine.
A seconda di parametri chimico-fisici e organolettici, questo viene classificato (extravergine, vergine, lamapante). Solo nel caso in cui risulti lampante, quindi non direttamente commestibile, viene raffinato e quindi miscelato con un altro olio vergine per ottenere “olio di oliva”.

Oli di semi da pressione
Costano più di un ottimo olio extra vergine d'oliva: sono gli oli di semi (girasole, sesamo, lino, eccetera) cosiddetti naturali, perché non ottenuti tramite estrazione con solventi del tipo esano, metanolo o diclorometano, ma per semplice pressione a freddo, come si spremono, appunto, le olive per fare un ottimo extra vergine. Sono venduti in erboristerie, negozi specializzati e anche in qualche supermercato. In etichetta dichiarano “sola pressatura a freddo”, “di prima pressione a freddo”, “senza l'uso di solventi” e altre affermazioni analoghe, buone per invogliare i consumatori. Ma da un'analisi svolta dall'Istituto di industrie agrarie di Bologna e pubblicata dal mensile “Industrie alimentari” qualche anno fa, è risultato che in quasi il 50 per cento dei casi le affermazioni non sono vere. I ricercatori hanno esaminato tredici campioni e con opportune analisi sono giunti alla conclusione che sei campioni erano da considerare normali oli di semi estratti con solventi o oli effettivamente spremuti a freddo ma addizionati con quelli raffinati.

Oli di semi ad alto oleico
Attraverso alcune tecniche convenzionali di miglioramento genetico, che non hanno niente a che fare con gli Ogm, è stato possibile ottenere varietà di semi oleosi (girasole, soia ed altri) ad alto contenuto di acido oleico. Questa caratteristica le rende particolarmente interessanti per diversi impieghi, da quello alimentare alla produzione di biodiesel.
Ma è davvero così semplice produrre oli di semi ad alto contenuto di acido oleico? Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Chiara Cuscito del Dipartimento di Agronomia dell'Università degli Studi di Pisa.
- Quali sono le condizioni ambientali ed agronomiche per produrre un olio di semi ad alto contenuto di acido oleico, a parte, naturalmente, usare le varietà adatte?
Non ci sono particolari condizioni agronomiche, le tecniche colturali sono le stesse utilizzate per le varietà ordinarie. Esistono invece delle specifiche condizioni ambientali affinché il contenuto di acido oleico nell’olio di queste varietà sia realmente elevato (80% o più), la coltura deve essere isolata, in maniera tale che non avvengano delle impollinazioni incrociate con cultivar tradizionali. Infatti, se avvenisse questa ibridazione, l’olio ottenibile non sarebbe così ricco di acido oleico e l’intera produzione verrebbe deprezzata.

Per aiutarci a comprendere meglio le differenze nutrizionali e salutistiche esistenti fra oli di semi e olio extravergine d’oliva abbiamo interpellato il Prof. Maurizio Servili del dipartimento di Scienze degli alimenti dell’Università degli Studi di Perugia.
- Oli di semi ad alto oleico e oli di semi di pressione. Quanto, dal punto di vista nutrizionale e salutistico, questi grassi vegetali reggono il confronto con l’extravergine d’oliva?
Bisogna distinguere i due prodotti. Gli oli di semi ad alto oleico sono stati ottenuti da piante appositamente selezionate per arrivare a un equilibrio fra gli acidi grassi che si avvicini il più possibile a quello dell’extravergine, in particolare è stato aumentato il contenuto relativo di acido oleico, i cui benefici sono noti fin dai primi studi sulla dieta mediterranea. La raffinazione tuttavia riduce del 40% il contenuto in tocoferoli che sono gli antiossidanti naturali di questi grassi vegetali.
Gli oli da estrazione meccanica sono invece dei prodotti di marketing, anche perché presentano alcuni problemi di stabilità, una vita media non particolarmente elevata e un’acidità decisamente superiore rispetto agli oli di semi raffinati (>1 contro 0,5). Inoltre possono presentare degli aromi spiacevoli o perlomeno inconsueti rispetto ai rettificati, per questo molto spesso vengono comunque sottoposti a qualche trattamento chimico, che non li connota più come oli da esclusiva estrazione meccanica.
Dal punto di vista nutrizionale e salutistico quindi l’extravergine vince su tutta la linea. Anche flavour, aroma sono elementi da considerare, l’extravergine non è solo un grasso ma un piacere. Per qualsiasi alimento l’aspetto edonistico-emozionale non è mai da sottovalutare.
- Alcuni oli di semi, come l’olio di riso e il suo gamma-orizanolo, vorrebbero competere con l’extravergine per qualità nutrizionali e salutistiche, e non solo per un buon rapporto fra acidi grassi ma anche per la dotazione di antiossidanti naturali. Che ne pensa?
L’olio extravergine d’oliva possiede antiossidanti naturali di origine esclusiva. Ad esempio tutta la classe dei polifenoli idrofili, come i secorridoidi e l’idrossitirosolo, è caratteristica della proprio di questo prodotto, di questa naturale spremuta d’olive. I loro effetti benefici sulla nostra salute sono oggetto di studio ormai da alcuni anni, l’abbassamento del livello di colesterolo LDL è un dato certo, mentre è d’attualità l’indagine sull’efficacia nel prevenire il cancro.
Gli unici antiossidanti presenti negli oli di semi sono tocoferoli e fitosteroli. Entrambe queste classi di composti tuttavia non hanno proprietà antiossidanti comparabili con quelle dei polifenoli idrofili. Il tanto pubblicizzato gamma-orizanolo è un fitosterolo specifico del riso, anche l’oliva ha i propri, ma, lo ripeto, gli effetti sono decisamente inferiori rispetto a quelli dei secorridoidi e dell’idrossitirosolo. Inoltre è necessario considerare che l’extravergine ha anch’esso una buona dotazione di tocoferoli, la classe delle vitamine, ma, rispetto agli oli di semi, la gran parte dei 200-300 mg contenuti nella nostrana spremuta d’olive sono vitamina E, i cui effetti antinvecchiamento sono noti.
- Non solo pubblicità e reclame ma anche ricerche medico-scientifiche vogliono, più o meno direttamente, mettere in luce le qualità di alcuni oli di semi. Crede che sia corretto, da parte dei suoi colleghi canadesi, inserire l’olio di canoa in un programma medico sui benefici effetti della dieta mediterranea?
Tralasciando i problemi di natura storica, la dieta mediterranea ha origine da un tradizione alimentare di secoli che non contemplava l’uso di olio di canoa, che non esisteva ancora. Bisogna comprendere quali erano gli obiettivi dei ricercatori canadesi: conoscenza scientifica o marketing? Naturalmente non posso che approvare motivi di ricerca e di approfondimento delle attuali conoscenze. Tuttavia non possono essere trascurate le ragioni di marketing, infatti è reale l’interessamento, da parte delle aziende canadesi, di spingere i consumi dell’olio di canoa, anche in aree nuove, come i Paesi arabi.
Cosa intendevano realmente mettere in luce, con la loro indagine, i colleghi canadesi? Se erano solo i benefici effetti di una equilibrata composizione acidica in un grasso, allora poteva essere utilizzato qualsiasi altro oli ad alto contenuto di acidi monoinsaturi ed in particolare di acido oleico, come olio di girasole ad alto oleico o di nocciola. Inoltre la salubrità di una dieta ricca di acidi grassi monoinsaturi è ben nota, le prime ricerche infatti risalgono agli anni ’70 con Keys. Bisognerebbe guardare avanti.