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L’olivicoltura istriana rappresenta ormai una promettente realtà
Un viaggio in tre Paesi ma nello stesso territorio olivicolo, dove scopriamo una tradizione oliandola molto antica abbinata a un notevole dinamismo e soprattutto a tanta voglia di crescere
26 gennaio 2008 | Alberto Grimelli
Sono gli anni della riscoperta dellâolio extra vergine dâoliva dellâIstria.
Da molti anni in questi territori non si vedevano più nuovi impianti, fin dal 1929 quando una terribile gelata stroncò la maggior parte delle piante e con esse la passione di molti produttori. Le colline che erano, fin dai tempi più remoti adornate dagli olivi, si trovarono spoglie e improduttive.
Unâeccezione per questâarea, che vide insediarsi lâolivicoltura con i primi sbarchi dei Fenici che risalirono lâAdriatico per commerciare e che lasciarono, oltre alle piante, anche una cultura oliandola che attecchì velocemente. Durante la dominazione dellâImpero romano lâolivicoltura si espanse ulteriormente, tanto che non vi era podere che non possedesse un proprio torchio per la molitura. Fu durante il periodo della Serenissima Repubblica di Venezia che la coltura dellâolivo in Istria raggiunse il suo massimo splendore, un prodotto che veniva esportato anche nei Paesi dâoltralpe, mediante consoli che erano ambasciatori del buon gusto e della buona tavola.
Dopo il Natale del 1929 e il successivo colpo di grazia del 1956 lâolivicoltura in Itria resistette grazie a qualche stoico produttore che conservò piante e tradizioni. Unâopera meritoria che ha permesso, negli anni 1970, un primo recupero del patrimonio olivicolo istriano e da quel momento non ci si è più fermati. Oggi è a dimora qualche migliaio di ettari per una produzione di pochi milioni di litri ma tipici e caratteristici di un territorio, dove non è solo la combinazione microclima e suolo a fare la differenza ma anche la componente varietale. In Istria si conoscono infatti ben quaranta diverse cultivar autoctone dâolivo. La più rinomata tra queste è certo la Bianchera, pianta vigorosa, con la chioma assurgente e resistente al freddo che produce olive di medie dimensioni e un olio piacevolmente fruttato dove spiccano le note di amaro e di piccante.
Eâ un territorio che merita di essere conosciuto e visitato quello istriano, dove lâolivo trova una sua collocazione naturale e dove lâolio extra vergine dâoliva è, a pieno titolo, protagonista a tavola.
LâIstria italiana
Quando di parla di olivicoltura in Friuli Venezia Giulia ci si riferisce prevalentemente alla provincia di Trieste, dove sono a dimora diverse migliaia di piante, specie nella Valle Dolina. Ma è impossibile dimenticare quei produttori che negli ultimi anni hanno piantumato circa 20 ettari nella provincia di Gorizia, in particolare nellâIsontino e sul Carso goriziano. Lâolivo qui è di casa, è parte della storia di questi luoghi e si possono fare anche scoperte interessanti, magari visitando la cittadina di Oleys che deve il suo nome alle estese coltivazioni dâolivo che cingevano lâimportante abbazia benedettina dove i frati, in tempi passati, ricavavano abbondanti produzioni dâolio. Spostandosi di qualche chilometro facciamo visita allo storico Istituto tecnico agrario âPaolino dâAquileiaâ che, da una decina dâanni, sta investendo tempo e energie sullâolivo. Qui, infatti, si trova uno dei campi collezione di germoplasma autoctono più rilevanti della Regione e, dal 2007, un frantoio Alfa Laval Oliver 500 Top. âEâ un impianto olerario â ci spiega il Prof Vicentini, responsabile del settore olio dellâIstituto â a triplice attitudine: didattico, di ricerca e di servizio. La prevalente funzione è certamente quella di formazione per i nostri studenti, che così si possono confrontare con le problematiche legate alla gestione di un frantoio, come questo Alfa Laval, che consente una rilevante flessibilità operativa. Anche i nostri clienti, olivicoltori della zona, sono rimasti soddisfatti del risultato ottenuto. Lâesperienza della campagna 2007/08 ci ha consentito di prendere confidenza con lâimpianto, così da poter programmare anche attività di ricerca nel prossimo futuro.â Un inizio promettente se si considera che già nella prima campagna sono stati moliti 400 quintali di olive, un quantitativo destinato a crescere rapidamente se consideriamo che nella zona pedemontana del Goriziano vengono piantati circa 30 ettari dâolivo allâanno. âLa recente riscoperta dellâolivo nei nostri territori â afferma il dirigente scolastico, Prof. Battigello â ci ha spronato a una maggiore attenzione verso questa coltura che, qui, non sarà mai prevalente né particolarmente redditizia ma che è parte della nostra storia e del nostro paesaggio. Alcuni imprenditori ne hanno riportato alla luce il potenziale, come elemento essenziale di valorizzazione del territorio e stanno investendo. Il nostro Istituto non poteva certo essere da meno. Avere padronanza in tema olivicolo e oliandolo rappresenta quindi un valore aggiunto per i nostri studenti.â In questâavventura lâIstituto agrario aveva bisogno di un partner e ha scelto Alfa Laval. âAvevamo esigenze specifiche â conclude Battigello - e lâOliver 500 Top è quello che meglio vi si adattava. Ci siamo affidati a unâazienda e un marchio noti per lâelevata qualità tecnologica e affidabilità dei macchinari, siamo rimasti piacevolmente sorpresi dallâalta professionalità dei suoi tecnici che ci hanno assistito in maniera premurosa e puntuale.â
LâIstria slovena
Quando in Slovienia si parla di olivicoltura ci si riferisce allâIstria. Qui si concentra il 98% della produzione, circa 2000 piccoli produttori su poco meno di 1600 ettari olivetati. La produzione è ancora modesta ma in crescita, anche se la Slovenia, per diversi anni, resterà importatrice di oli dâoliva. Lâextra vergine locale è preferito dagli sloveni e la dinamica dei prezzi del prodotto autoctono non risente delle ampie fluttuazioni, generalmente al ribasso, sui mercati internazionali. Le quotazioni rimangono elevate, 8-10 euro al litro, e questo sta spronando gli investimenti in questo settore. Eâ diventato di moda piantare olivi, molti sono hobbisti, vi è poi qualche produttore che ha scommesso su questa coltura, nonostante la frequenza delle gelate, vera grave problematica dellâolivicoltura istriana. Percorrendo le strade slovene non è infrequente imbattersi in piccoli lembi di terra, incastonati sulle colline, dove trovano posto cultivar locali, come la Bianchera o la Crinica o la Busa, alternate alle toscane Leccino e Frantoio. In questo peregrinare si incontra anche qualche frantoio, come quello della famiglia Marzi, che a Koper rappresenta ormai unâistituzione. âSiamo attivi da più di un decennio â ci dice Fulvio Marzi, frantoiano per passione â la nostra è stata una scommessa. Avevamo dei terreni ereditati da mia nonna che non volevamo vendere a nessun costo, vi abbiamo piantato qualche olivo. Qualche anno dopo abbiamo deciso, con grandi sacrifici, di acquistare un frantoio a presse, iniziando lâattività , abbiamo acquisito pian piano una clientela affezionata, che condivide il nostro modo di operare, votato al raggiungimento della massima qualità .â Oggi la famiglia Marzi continua il proprio lavoro con un impianto Alfa Laval MM503X4, un moderno frantoio continuo a due fasi e mezza. âAlfa Laval â continua Fulvio Marzi â è lâazienda che ci ha convinto con la forza di una proposta seria e la qualità dei suoi materiali. Quel che più importante abbiamo avuto garanzie non solo sullâeffettiva capacità di lavorazione dellâimpianto ma anche sui risultati quali quantitativi ottenibili.â Lâamore dei genitori per lâolivo e lâolio si è trasmesso interamente ai figli che lavorano e si impegnano quotidianamente in azienda. âGli oliveti e il frantoio probabilmente non consentiranno a me e a mio fratello di vivere unicamente con questo reddito â ci dice Katja Marzi âma possono rappresentare una fonte di guadagno certamente significativa e poi non esistono solo i soldi. Da questo lavoro si possono ricavare molte soddisfazioni, talvolta è bello anche solo passeggiare in mezzo ai nostri oliveti.â Câè ottimismo in casa Marzi, i sloveni stanno imparando a acquistare olio extra vergine e gli attuali consumi, meno di un litro pro capite allâanno, sono destinati a crescere rapidamente, âlâimportante è creare una vera cultura oliandola, i nostri concittadini devono essere aiutati a scegliere consapevolmente, non solo in base al prezzo, ma sono fiducioso.â
LâIstria croata
Trentamila ettari olivetati e cinque-sei milioni di litri di extra vergine prodotti allâanno. Sono questi i numeri dellâolivicoltura della Croazia, senza dubbio la regione con le maggiori piantagioni dâolivo dellâintera Istria. Che si costeggi il mare verso la splendida località di mare di Umago oppure che si viaggi nellâinterno, passando per Buje, si notano le distese di seminativi inframezzate da vigneti e oliveti. In collina ma anche in pianura, vite e olivo sono le colture arboree regine di questo territorio, e si contendono terreni fertili ma assai sassosi. Il potenziale di crescita è notevole. Solo il 20% dellâolivicoltura croata è infatti intensiva e ben il 30% è in coltivazione estensiva in zone collinari e marginali. Il consumo pro capite di extra vergine è ancora molto limitato, poco più di un chilogrammo, ma destinato a aumentare. Le zone artigianali che cingono le cittadine pullulano di piccole industrie che hanno portato, insieme col turismo, ricchezza in questi territori e proprio allâinizio di una di queste zone, nei pressi di Novigrad, facciamo una deviazione, incuriositi da un cartello âoleificioâ posto a bordo strada. Incontriamo Ante Babic che recentemente ha scoperto lâolivo e lâolio come ci racconta lui stesso. âHo una piccola azienda tessile â ci dice â ma la concorrenza internazionale è serrata e abbiamo deciso di diversificare gli investimenti. Visto il crescente interesse per lâextra vergine, le buone quotazioni e il mercato, sia turistico sia locale, in espansione, la scelta non è stata così difficile. Siamo tra i primi a credere in questo settore. Abbiamo piantumato qualche centinaio di olivi e acquistato un frantoio.â Mentalità imprenditoriale, la scrivania di Babic è piena di tabelle sulla produttività , sui costi e sugli ammortamenti. La struttura dove è ospitato il frantoio, un Alfa Laval MM502X3, è nuova, con un suggestivo tetto in legno e un ampio spazio che verrà riservato alla vendita diretta. âSono stato in Italia, ho visitato qualche frantoio, parlando con i proprietari. Per chi non proviene dal settore la scelta dellâimpianto è difficile. Debbo dire di aver ricevuto da Alfa Laval un valido supporto, ricavandone unâottima impressione. Oggi sono contento della scelta, lâimpianto è sufficientemente facile da gestire, anche da solo se occorresse.â Parola dâordine qualità . âAllâinizio pensavo facessero tutto i macchinari â conclude Babic â poi ho scoperto quanto è difficile fare il frantoiano e ottenere un ottimo olio. Eâ un lavoro duro dove occorre saper interpretare la materia prima, le olive, e adeguarvisi, fondendo scienza, tecnica ed esperienza.â Ha molti progetti Ante Babic, primo fra tutti quello di aumentare la superficie olivetata della sua nuova azienda per arrivare a 2.000 piante, un colosso per questo territorio, ma è tutta la regione che ha deciso di investire sullâolivo e lâolio. Le istituzioni credono nellâolivicoltura ma, fatto ancor più rilevante, ci scommettono molti imprenditori privati.
Lâolivicoltura istriana rappresenta oggi una promettente realtà . Nel panorama olivicolo internazionale è chiaramente riconoscibile non solo per la connotazione geografica ma anche per la qualità e le caratteristiche dei suoi oli, certamente unici, frutto delle varietà autoctone che sono state identificate e poi piantumate nel corso di questi anni. Il mondo della produzione oliandola e le istituzioni sono dinamici e attivi, con la ferrea volontà di tornare alla capacità produttiva di un secolo fa. Oggi il traguardo è lontano ma il potenziale di sviluppo è elevato. I cambiamenti climatici globali, ormai in atto, renderanno probabilmente meno rischioso investire in olivo, le gelate ridurranno la loro frequenza e potrebbe essere veramente a nord la nuova frontiera dellâolivicoltura del Mediterraneo.