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ANZIANI & CONTADINI, UN BINOMIO PER NULLA VINCENTE. LA DIFFICILE VITA DI CHI RIMANE NELLE AREE RURALI
Pochi servizi, lunghe liste d’attesa e un'assistenza carente. Non è facile gestire la propria salute se si vive in campagna. L’Associazione pensionati della Cia presenta un dettagliato dossier sulle politiche socio-sanitarie. I maggiori problemi e disagi si riscontrano in particolare nel Sud
27 ottobre 2007 | T N
Per gli anziani, e soprattutto per i non autosufficienti, vivere nelle zone rurali è sempre più difficile. In tale aree nella sanità per ogni cittadino si spende meno di quattro euro al giorno. E così i servizi sanitari e assistenziali sono assai carenti. Le liste dâattesa si allungano a dismisura. Le strutture di alta specialità sono praticamente assenti. Lâassistenza domiciliare è ai livelli minimi. Aspetti questi che si riscontrano in particolar modo nelle regioni meridionali. La denuncia è venuta dallâAssociazione dei pensionati della Cia-Confederazione italiana agricoltori nel corso della decima Festa nazionale in Calabria, dove ha presentato un apposito âdossierâ sulle politiche socio-sanitarie.
La spesa sanitaria pro-capite annua a livello nazionale -è stato evidenziato- è di 1.621 euro. Le regioni con la spesa maggiore sono: la provincia di Bolzano che arriva a 2.076 euro, la Valle dâAosta (1.857 euro), il Molise (1.854 euro), la Liguria (1.833 euro) e il Lazio (1.816 euro). Le regioni che hanno il più basso livello della spesa pro-capite sono, invece, la Puglia (1.432 euro), la Basilicata (1.477 euro), la Calabria (1.404 euro). Questo evidenzia che il problema sanitario è più sentito nel Sud e si avverte maggiormente nelle zone rurali. E sono proprio gli anziani a pagarne le conseguenze negative. Da qui lâinvito dei pensionati Cia a garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria a tutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale. Servono -è stato rilevato- politiche sanitarie mirate che permettano di rimuovere gli ostacoli esistenti e di rispondere alle esigenze della gente. Nel documento dellâAssociazione pensionati Cia si evidenzia che il sistema nazionale sanitario italiano si mantiene, secondo la valutazione dellâOms, tra le migliori posizioni rispetto agli altri Paesi per sostenibilità finanziaria e servizi erogati. Quindi, non câè un problema di spesa sanitaria, ma -è stato affermato- è il doppio livello di governo nella determinazione degli interventi sanitari ad accrescere i problemi. Infatti, mentre il finanziamento del sistema è deciso dal governo centrale (anche se contrattato con le Regioni), sono le Regioni che gestiscono lâofferta dei servizi. Tutto ciò rischia di rendere meno trasparente le responsabilità politiche ai diversi livelli di governo, nonché di generare un gravoso contenzioso tra Regioni e Stato centrale.
Il risultato - avverte lâAssociazione pensionati Cia - è che spesso si assiste ad un conflitto tra le Regioni, che lamentano come il governo sottofinanzi la sanità , e il governo il quale ritiene che le Regioni non utilizzino al meglio le risorse. Sul versante, dunque, del doppio livello istituzionale, riconosciuto che gli assetti attualmente esistenti non contribuiscono ad una efficace ed efficiente governance del sistema sanitario, occorre un maggiore coordinamento istituzionale ed un recupero centrale di controllo complessivo del sistema per meglio razionalizzare la spesa.
Secondo il âdossierâ, devono essere realizzate politiche di forte integrazione tra servizi sanitari e servizi di carattere sociale, inaugurare una nuova stagione della prevenzione per conoscere, controllare e ridurre i fattori di rischio. La politica socio-sanitaria deve maggiormente essere orientata alla presa in carico della persona in special modo i non autosufficienti, e garantire la continuità dellâassistenza. In una parola, la medicina delle cure primarie con il rovesciamento della piramide ospedale-territorio attraverso unâazione in rete in grado di avvicinare i servizi al cittadino.
Il servizio sanitario nelle Regioni del Sud vive, purtroppo, una condizione di forte disagio. I servizi - si sottolinea nel documento - sono carenti e mancano soprattutto le strutture di alta specialità . La spesa sanitaria, sia quella direttamente erogata dal Servizio sanitario nazionale che quella fornita in regime convenzionato, evidenzia la disparità di trattamento tra Regioni del Centro Nord e quelle del Sud. Ciò comporta per i cittadini la necessità di spostamenti continui in altre Regioni. I dati sulla mobilità sanitaria sono a dir poco preoccupanti. E questo non solo sul versante dello storno delle risorse a quelle Regioni dalle quali proviene la mobilità , ma soprattutto per quei innumerevoli disagi, sociali ed economici, che i cittadini âmigratoriâ sono obbligati a subire. E tra questi soprattutto gli anziani.
Va, quindi, assunta, secondo i pensionati Cia, la questione del Meridione come priorità nella riorganizzazione del sistema sanitario. E allâinterno di ciò va inserito proprio il recupero dei servizi nelle aree interne e decentrate.
Nelle regioni del Sud lâevoluzione dei servizi sanitari - ha ricordato lâAssociazione pensionati Cia - ha visto una concentrazione di interventi nella costruzione di strumenti di eccellenza nelle grandi città , trascurando lâarticolazione dei servizi nelle aree a densità minore di popolazione. Si riscontrano così in molte zone interne, ed in molti comuni di piccolo medie dimensioni, lâassenza di ogni struttura del servizio sanitario. Eâ presente il medico di base, in molti casi con un elevato numero di pazienti, ma con una forte scarsità degli altri servizi essenziali, come il pronto soccorso.
Nel campo dellâassistenza domiciliare -specialmente per i non autosufficienti- le Regioni meridionali sono a livelli minimi. E se si esaminano le singole realtà locali, si riscontra che sono completamente assenti nelle aree, dove vi sarebbe più bisogno, cioè quelle lontane dai servizi ospedalieri.
Per quanto riguarda, invece, le lunghe liste di attesa, lâAssociazione pensionati della Cia ha ribadito che perché si possa ritenere effettivamente garantito il livello di assistenza, non basta che una prestazione sia erogata, occorre anche che sia tempestiva in rapporto al bisogno della persona. Oggi su questo versante la situazione nelle zone rurali è estremamente precaria. Per una visita specialistica occorrono anche sei-sette mesi. Molti sono così costretti a âmigrareâ in altre Regioni. Ecco perché bisogna intervenire e al più presto.