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IL BIOLOGICO NON SI FERMA PIU’ MA TANTE SONO LE INSIDIE. L’EUROPARLAMENTO AVEVA ALLONTANATO GLI OGM CHE POSSONO PERO’ RIENTRARE PER VOLONTA’ DELLA COMMISSIONE E DEL CONSIGLIO EUROPEI

L’agricoltura organica non è più un fenomeno che riguarda solo i Paesi sviluppati, ma è oggi praticata commercialmente in 120 paesi, con 31 milioni di ettari coltivati ed un mercato di oltre 40 miliardi di dollari nel 2006. Problemi diversi e regole diverse ma nessuna preoccupazione: “rispetto all’agricoltura convenzionale – dice Carnemolla, Presidente Federbio – il biologico è molto avvantaggiato”

12 maggio 2007 | Alberto Grimelli

L’agricoltura organica non è più un fenomeno che riguarda solo i Paesi sviluppati, ma è oggi praticata commercialmente in 120 paesi, con 31 milioni di ettari coltivati ed un mercato di oltre 40 miliardi di dollari nel 2006., lo dice la Fao in un rapporto presentato all’apertura dei lavori della conferenza internazionale su "Agricoltura organica e sicurezza alimentare" svoltosi tra il 3 ed il 5 maggio scorsi.
Il rapporto Fao “Agricoltura organica e sicurezza alimentare” identifica i punti di forza e di debolezza dell’agricoltura organica ed il suo contributo al raggiungimento della sicurezza alimentare, analizza le caratteristiche della catena alimentare biologica nell’ambito del diritto al cibo e propone iniziative politiche e di ricerca per migliorarne i risultati a livello nazionale, internazionale ed istituzionale.
Nel rapporto si legge che “gli elementi di maggior forza dell’agricoltura organica sono la sua indipendenza dai combustibili fossili ed il suo fare affidamento su mezzi di produzione disponibili localmente. Intervenendo con processi naturali incrementa l’efficacia dei costi e la resistenza degli ecosistemi agricoli nei confronti di condizioni climatiche difficili. Gestendo la biodiversità nel tempo (rotazione delle colture) e nello spazio (sistema delle colture miste) gli agricoltori biologici usano il loro lavoro ed i loro servizi ambientali per intensificare la produzione in modo sostenibile. L’agricoltura organica inoltre rompe il circolo vizioso dell’indebitamento a cui sono costretti i piccoli agricoltori per acquistare i mezzi di produzione agricoli, che ha causato un allarmante numero di suicidi”.
Lo studio riconosce che “la maggior parte della produzione certificata dei paesi in via di sviluppo è destinata ai mercati d’esportazione” ed aggiunge che “quando coltivazioni commerciali certificate sono collegate con migliorie agro-ecologiche e maggiori redditi per i contadini poveri, questo porta ad una maggiore autosufficienza alimentare ed una generale rivitalizzazione dell’agricoltura su piccola scala”.
Nello studio si fa riferimento a studi recenti su alcune produzioni biologiche che indicano che l’agricoltura organica potrebbe produrre cibo a sufficienza per il fabbisogno della popolazione mondiale.
“Questi modelli indicano che l’agricoltura organica ha il potenziale di assicurare cibo a tutta la popolazione mondiale, come l’agricoltura tradizionale fa oggi, solo con un minore impatto ambientale”.
Nel documento si fa appello ai governi affinché “destinino maggiori risorse all’agricoltura organica ed integrino i suoi obiettivi ed interventi all’interno delle strategie nazionali di sviluppo e di riduzione della povertà, con un’enfasi particolare ai bisogni dei gruppi più vulnerabili”. Inoltre, si insiste sulla necessità di investire nello sviluppo delle risorse umane e nella formazione sul biologico come parte delle strategie di sviluppo di lungo periodo.
Secondo la Commissione del Codex Alimentarius, e tutte le normative nazionali esistenti, “l’agricoltura organica è un sistema di produzione olistico che evita l’impiego di fertilizzanti sintetici, di pesticidi e di organismi geneticamente modificati (Ogm), che minimizza l’inquinamento dell’aria, del suolo e delle risorse idriche ed ottimizza la salute e la produttività delle comunità interdipendenti di piante, animali e persone”.

Per fare il punto sulla situazione dell’agricoltura biologica italiana ed europea abbiamo interpellato il Presidente di Federbio, Paolo Carnemolla.

- Presidente, recentemente l’Italia ha segnato una grande vittoria con il voto dell’Europarlamento che riduce la soglia di contaminazione da ogm nei prodotti biologici allo zero tecnico. Un successo inaspettato?
Una soddisfazione, certo ma lei forse è troppo ottimista. Il voto del Parlamento europeo potrebbe infatti essere solo una vittoria di Pirro, effimera e, agli effetti pratici, di scarsa efficacia. Infatti sia la Presidenza tedesca dell’Ue sia la Commissione hanno rifiutato il procedimento di codecisione sulla materia richiesto dai deputati Ue e anzi proprio la Presidenza tedesca ha chiesto la procedura d’urgenza, così chiudendo la partita entro il 30 giugno, senza che l’Europarlamento possa ulteriormente intervenire. La decisione politica, d’altro canto, è già stata presa il 19 dicembre scorso dal Consiglio agricolo europeo e stabiliva anche per il bio la stessa soglia di contaminazione accidentale prevista per i prodotti alimentari convenzionali, lo 0,9%.

- Nonostante il vostro impegno, che speriamo non sia vano, sugli ogm alcuni puristi consideravano eccessiva anche la soglia dello 0,1% (zero tecnico). Un eccesso?
Certo. Per gli alimenti lo 0,1% è la soglia di rilevabilità tecnica in laboratorio, ovvero sotto tale valore neanche gli analisti possono essere sicuri di individuare la presenza di organismi geneticamente modificati nel campione esaminato. Tra l’altro è necessario ricordare che non per tutte le varietà ogm introdotte e autorizzate dall’Ue esistono metodiche di rilevabilità riconosciute e affidabili. Per le sementi la situazione è naturalmente diversa e anche solo lo 0,1% di contaminazione può essere eccessiva perché in campo vi è una moltiplicazione e propagazione che può portare presto a una diffusione non voluta di ogm sul territorio.

- In Italia la maggior parte delle Regioni si sono però dichiarate ogm free e hanno vietato la coltivazione di ogm sul loro territorio. Possiamo allora dire che l’agroalimentare italiano è ogm free?
Assolutamente no. Siamo invasi da organismi geneticamente modificati. Non è un segreto per nessuno, è sufficiente visitare i porti e visionare quali sementi vengono scaricate. La filiera zootecnica consuma mais e altre granaglie provenienti da Paesi dove la coltivazione di ogm non è affatto vietata. La soia coltivata nel mondo è in grande maggiornza ogm, così quando importiamo questo prodotto dobbiamo sapere che molto è ogm. Su questo argomento vi è veramente scarsa informazione. E’ necessario che il consumatore sappia che anche per i prodotti Dop e Igp, salvo qualche rara eccezione, non è vietato l’uso di derrate o sementi geneticamente modificate. Per mesi associazioni di categoria e Slow Food ci hanno invitato anzi spronato a una battagli a tutto campo contro gli ogm. Eppure non mi pare che Slow Food abbia impedito la partecipazione al suo Salone del Gusto a produttori che utilizzino, più o meno consapevolmente, prodotti ogm. Sono stanco di falsi moralisti, è ora che si dica chiaro e forte che il biologico è l’unico settore agricolo realmente ogm free.

- L’Italia si sta finalmente dotando di una legge quadro sul biologico. Un disegno legge al vaglio del Parlamento. Più luci o più ombre?
L’iniziativa del Governo è meritoria anche per il solo fatto di aver portato la questione in Parlamento. Il bio ha urgenza di avere una norma quadro ed auspico un iter rapido. Certo, vi sono cose che mi piacerebbe venissero modificate, alcune delle quali appaiono persino paradossali. E’ alquanto strano, per esempio, che le Regioni che promuovono attraverso varie politiche di incentivazione l’agricoltura biologica contrastano invece l’introduzione obbligatoria di cibi bio nelle mense pubbliche. Mi piacerebbe che fosse data alla legge una giusta dotazione finanziaria e auspico anche l’introduzione di sgravi fiscali a favore dei produttori biologici e delle filiere bio,m riconoscendo, così anche il ruolo sociale e culturale dell’agricoltura biologica.

- La diffusione dell’agricoltura biologica in ogni parte del mondo non può portare qualche problema a livello commerciale al nostro Paese? Non è possibile che l’importazione di cibi bio prodotti in nazioni emergenti, senza regole certe, possa portare qualche problema alla stessa immagine del bio nei Paesi industrializzati?
Rispetto all’agricoltura convenzionale e a quella integrata in realtà il biologico è molto avvantaggiato. L’agricoltura bio è nata in Europa e si è diffusa dall’Europa. E’ ovvio che molti Paesi hanno copiato, o tratto ispirazione, dalle leggi Ue. Abbiamo così un’uniformità legislativa molto più elevata nel settore del biologico che in altre filiere. Non credo che dobbiamo aver timore della concorrenza, o di presunti danni d’immagine. Straniera, perché per poter essere importati nei nostri Paesi questi prodotti devono rispettare le nostre regole, che sono più rigide di quelle sancite in sede di Wto. Il sistema dei controlli funziona ed è efficace, i rischi da lei descritti sono molto relativi e non inficiano il rapporto di fiducia tra bio e consumatore.