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L'ANTICA TRADIZIONE DEL COGNAC CERCA IL CONSENSO DEI GIOVANI

Il celeberrimo distillato francese, le problematiche, le prospettive future in un'intervista al direttore dell'interprofessione Alain Philippe

06 settembre 2003 | T N

Il cognac è uno storico distillato la cui denominazione di origine controllata risale al lontano primo maggio 1909, anche se la sua effettiva entrata in scena rimanda addirittura al XVII secolo. Per quanti ancora lo ignorassero, si tratta di un’acquavite di vino prodotta nel Sud-Ovest della Francia, in un’area posta tra i dipartimenti della Charente e della Charente Maritime.
Un territorio neppure tanto vasto, di circa 73 mila ettari, suddiviso rispettivamente in sei "crus", tra champagne e bois; campi e boschi delimitati in base alla diversa natura del terreno e del microclima, disposti in cerchi concentrici attorno alla cittadina di Cognac.
Una ulteriore distinzione, più particolareggiata, considera inoltre il pregio delle acqueviti seguendo un ordine qualitativo decrescente, che va dalla menzione di Grande Champagne a Petite Champagne, da quella di Borderies a Fins Bois, da Bons Bois a Bois Ordinaries.
I distillati che si ricavano sono dunque diversi tra loro, frutto di una doppia distillazione e anche di una ulteriore qualificazione in base all’età.

Una storia fascinosa e antica
Il Bureau national interprofessionnel du Cognac (www.bnic.fr) è il centro propulsore privilegiato di quel fascinoso mondo che ruota attorno al distillato prodotto nella Charente. A dirigerlo egregiamente è Alain Philippe. E’ su di lui che fa perno la responsabilità di un prodotto che esprime una radicata e secolare tradizione che non accenna in alcun modo ad appannarsi.
In una ideale soluzione di continuità, Alain Philippe cerca di trovare ogni possibile soluzione affinché un prodotto così altamente simbolico possa ancora incontrare i favori della gente, nonostante il rapido evolversi degli stessi atteggiamenti di consumo.
“Il Bureau di cui sono direttore – spiega Philippe – resta effettivamente un ‘centro privilegiato’. Si tratta di una ‘interprofessione’ riconosciuta dallo Stato, posta sotto la duplice tutela dei ministeri dell’Agricoltura e dell’Economia e Finanze.
Al suo interno il Bnic comprende l’insieme dei protagonisti della filiera. Da una parte i viticoltori, e sono circa 7.500, dall’altra i commercianti, circa 250. Il Bnic è investito da una missione di servizio pubblico, di controllo – relativamente alla gestione dell'intera filiera, dalla vigna fino alla commercializzazione – e da mansioni più strettamente legate all'accesso ai mercati, alla promozione e alla conoscenza e tutela delle Aoc, le denominazioni di origine. In questo quadro, il Bnic, al di là del consumo tradizionale (come digestivo, con un sigaro per esempio), promuove il Cognac anche come aperitivo e long-drink (con ghiaccio, con o senza aggiunta di soft-drink). E' questo infatti il senso della campagna di promozione ch’è stata lanciata in Francia, tesa a ‘desacralizzare’ il cognac, a renderlo accessibile a tutti, in vari momenti della giornata. E’ in questo modo infatti ch’è possibile conquistare una nuova fascia di consumatori; le donne e i giovani, in particolare, scoprono così un prodotto di qualità, adeguato comunque ai loro gusti o ai loro desideri”.

Un prodotto de terroir
I consumi di cognac spesso sono associati infatti a una fascia di utenza prevalentemente adulta. Ora, dottor Philippe, il problema è rappresentato solo dagli alti costi del prodotto immesso al consumo, oppure vi sono anche altre ragioni, frutto di motivazioni culturali o comunque di appartenenza sociale?
“Lei ha ragione – ammette il direttore del Bnic – nel sottolineare gli elevati costi di produzione del cognac, soprattutto se comparati a quelli di altri alcolici come il whisky. Si tratta di una Appellation d’origine contrôlée storicamente nota, quella del cognac, strettamente regolamentata. Un prodotto de terroir il cui l’areale di produzione è stato delimitato sin dal 1909 e la cui materia prima proviene esclusivamente da un'area ben delimitata. La vinificazione è ben codificata, come pure il metodo di distillazione.
E' doppia la distillazione, effettuata in alambicchi charentais in rame, di capacità limitata, per un periodo determinato, prima del 31 marzo dell’annata che segue la raccolta, con un grado massimo del volume alcolico del 72%, in modo da conferire al prodotto il massimo degli aromi. Lo stoccaggio e l'invecchiamento sono anch'essi ben definiti. Nelle cantine, in fusti in quercia francese. E anche la commercializzazione obbedisce a regole ben precise: una durata minima di invecchiamento, un grado minimo alcolico del 40 % , l'assenza di additivi, quindi la designazione di vendita, l'etichettatura...
Ecco, anche il non rispetto di una sola di queste regole comporta ipso facto l'impossibilità di assumere la denominazione di cognac”.


La parte degli angeli
“Gli stocks di cognac – precisa Philippe – sono di certo necessari alla qualità, ma rappresentano un carico finanziario assai notevole, che pesa sul prezzo di costo del prodotto, Inoltre, la sola evaporazione annuale di cognac nelle cantine – la cosiddetta part des anges, la parte degli angeli – corrisponde a ben 25 milioni di bottiglie!
In più, come alcolico e come prodotto dai costi elevati, il cognac subisce anche un forte carico fiscale, che rincara a sua volta il suo già alto prezzo di vendita.
In queste condizioni, il cognac si colloca pertanto su una fascia di prezzo caratteristica dei prodotti di alta gamma. Viene così associato a una clientela agiata, che privilegia il piacere e l’arte di vivere. Ma i consumatori, compresi pure i più giovani, tengono sempre più in considerazione l’origine, la tracciabilità, l’autenticità, la qualità dei prodotti che scelgono. Pertanto, alla luce di queste attenzioni, il cognac ha davanti a sé un bel futuro. E per aiutare e invogliare i giovani consumatori a scoprire questo prodotto d’eccezione, le aziende hanno immesso sul mercato dei prodotti meno invecchiati, a dei prezzi più abbordabili e di facile approccio.
Per ben comprendere questa strategia, si può fare un parallelo con l’industria automobilistica. Da un lato la gamma tradizionale delle Mercedes, pensata per dei clienti agiati, dall'altra una gamma più abbordabile. Una strategia che ha permesso d’attirare una clientela più giovane, che domani accetterà ben volentieri dei modelli più costosi e di maggior prestigio e cilindrata.
Allo stesso modo, anche i consumatori di cognac, che lo bevono alla maniera di un long-drink, si indirizzeranno domani verso quelli più invecchiati, un XO per esempio, un Extra Old”.

I consumi di cognac in Italia
Dai dati statistici relativi alle spedizioni di cognac nel Mondo, emerge una situazione un po' critica quando si guarda all'Italia. Soprattutto se si opera un confronto con altri Paesi dell'Unione europea. Come mai questi bassi consumi, nonostante la vicinanza e la prossimità per certi aspetti anche sul fronte culturale e dei costumi?
“I commercianti di cognac in passato hanno diretto i propri sforzi alla conquista dei mercati lontani, con grande successo. Purtroppo – spiega Alain Philippe – ciò ha comportato l’abbandono del mercato interno e di quelli dei Paesi vicini dell'Unione europea.
Uno dei nostri obiettivi consiste ora nel riconquistare i mercati "persi" e l’Italia rientra naturalmente tra questi”.


Info: Bureau national interprofessionnel du Cognac, tel. 0033.45.356000, www.bnic.fr, link esterno .