Articoli
MAMONE CAPRIA: “E’ NECESSARIO CHE LE IMPRESE AGRICOLE SI RIUNISCANO IN FORME ASSOCIATIVE E DI COOPERAZIONE”
Il giovane responsabile agricoltura dei Verdi sottolinea anche l’importanza di “delineare nuovi percorsi commerciali che possano valorizzare le produzioni locali, bypassando la serie di intermediazioni che portano a speculazioni ed aumenti, dove il produttore e il consumatore diventano i soggetti più spremuti”
18 febbraio 2006 | Alberto Grimelli
Fulvio Mamone Capria è nato a Napoli il 23/09/1973. Diplomato. Vive a Roma.
Eâ stato componente della Segreteria Particolare del Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati e Segretario Particolare del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali nel II° Governo Amato.
Oggi è responsabile Agricoltura della Federazione dei Verdi
Eâ anche Consigliere dâAmministrazione dellâIsmea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), Consigliere dâAmministrazione della Buonitalia s.p.a., collabora con il Gruppo Verdi al Senato.
- Il settore primario del nostro Paese passa da una crisi allâaltra. Le emergenze si susseguono, così pure i provvedimenti dâurgenza. Quando verranno affrontati i nodi strutturali?
Nel 2001, alla fine della precedente legislatura, il settore agroalimentare, le attività forestali e la pesca sono stati oggetto di una riforma complessiva, su proposta dellâallora Ministro delle politiche agricole e forestali Alfonso Pecoraro Scanio. La riforma, attesa da oltre 40 anni, prevedeva leggi di orientamento e modernizzazione dellâintero sistema produttivo. Una grande opportunità che riscriveva il futuro dellâagricoltura italiana e ne prospettava il rilancio come elemento dâinnovazione del sistema economico del Paese, sotto il profilo socio-economico e per la salvaguardia ambientale. Purtroppo il Governo Berlusconi non è riuscito a tradurre queste nuove norme in occasioni concrete di proiezione dellâagroalimentare nello scenario economico. Così come non sono state date risposte ai problemi legati alla logistica e ai trasporti: sfruttamento e potenziamento della rete ferroviaria, promozione delle âautostrade del mareâ, riduzione delle distanze nella consegna delle merci, attivazione di nuovi modelli legati alla distribuzione dei prodotti agroalimentari in particolare nella GDO, ecc.
Condividere i processi sullâetichettatura obbligatoria degli alimenti, la rintracciabilità dei prodotti agricoli, il rilancio di unâagricoltura senza contaminazioni da organismi geneticamente modificati, sono il naturale percorso per mantenere lâagroalimentare italiano competitivo garantendone la sicurezza alimentare.
- La dimensione media delle imprese agricole italiane è estremamente modesta, inferiore ai cinque ettari di superficie agricola utilizzabile. Ritiene questo dato una ricchezza o un problema?
Per contrastare lâabbandono delle campagne, favorire lâaccesso dei giovani in agricoltura e mantenere la presenza di imprese agricole come elementi di sviluppo agroambientale del territorio, è necessario che le imprese si riuniscano in forme associative e di cooperazione. Per rilanciare i prodotti tipici di un territorio è importante proseguire con lâesperienza dei âdistretti agroalimentariâ, che intendiamo rapidamente moltiplicare, come esigenza di valorizzazione delle attività agricole e come forma di promozione del territorio. Un progetto che va concordato con le Regioni e le realtà locali. Occorrono anche nuove politiche per favorire lâaccesso dei giovani in agricoltura, attraverso strumenti di credito che consentano una reale prospettiva di ricambio generazionale, puntando ai nuovi compiti legati alla âmultifunzionalità â dellâazienda agricola: mi riferisco alla tutela dellâambiente, dei territori rurali e a tutte le nuove funzioni assegnate allâimprenditore agricolo. Per tanti agricoltori è necessario poter accedere a forme di vendita diretta, sia attivando i processi della âfiliera cortaâ, sia accedendo ai âmercati direttiâ, aree commerciali (comunali) riservate esclusivamente alla vendita diretta dei produttori agricoli del territorio interessato. Di fondamentale importanza sono le esperienze dei GAS (Gruppi dâAcquisto Solidale). Sono gruppi spontanei di consumatori che si organizzano per rifornirsi direttamente da piccoli produttori (singoli o associati) attraverso acquisti collettivi. Questo modo di acquistare favorisce la costruzione sul territorio di relazioni sia allâinterno del gruppo, sia con i produttori. Queste relazioni sono appunto âsolidaliâ. Ogni gruppo si sceglie la propria forma organizzativa e svolge autonomamente le sue ricerche ed i suoi acquisti.
I GAS possono avere le forme più varie, ad alta, media o bassa organizzazione interna. Il livello di organizzazione è sempre determinato dalla storia con cui nasce il singolo gruppo e non si può delineare un modello standard. Di fatto, il modello organizzativo si struttura in relazione alle esigenze e alle disponibilità dei componenti del gruppo.
Nellâaffrontare questioni inerenti le attività agricole, le produzioni, gli alimenti dellâagricoltura biologica, non si può oggi non tener conto dellâorganizzazione e delle strategie del sistema distributivo alimentare italiano. à un dato che la GDO nel comparto agro-alimentare italiano controlli attualmente più del 60% dellâofferta complessiva nazionale. Ovviamente con forti differenziazioni tra aree geografiche. E nei prossimi anni il trend di crescita e di espansione delle grandi superfici commerciali (super e ipermercati) sarà tra i più veloci e aggressivi in tutte le regioni.
Marchi stranieri (Carrefour, Auchan, Leclerc, Metro) stanno acquisendo importanti quote del mercato italiano. Già oggi, questi marchi controllano oltre il 50% dellâofferta del mercato alimentare italiano.
In questo quadro, vanno ricordati almeno due assi portanti della politica della GD:
a) le strategie della GD puntano a prodotti standardizzati, in grandi quantità , di media qualità , che vengono reperiti attraverso le principali piattaforme nazionali ed estere. Solo pochi produttori agricoli italiani sono in grado di rifornire direttamente i marchi delle grandi superfici commerciali, viste anche le richieste di servizio che queste impongono (quantitativi, frequenze, imballaggio, etichettatura, confezionamento, trasporto). I prodotti tipici e di qualità hanno già oggi uno spazio molto marginale.
b) i gruppi stranieri (detentori di marchi come GS, Auchan, Conad, Rewe), oltre a questa generale impostazione, tendono ovviamente a privilegiare e a far penetrare prodotti alimentari provenienti dai propri paesi. Espellendo progressivamente i prodotti italiani, di qualità e non.
Queste strategie applicate già da diversi anni dalla GDO pesano non poco sul sistema di collocazione delle merci dei produttori agricoli italiani. Soprattutto le medie e piccole imprese agricole registrano sempre maggiori difficoltà nellâinserirsi in questo circuito distributivo.
Per questi motivi appare opportuno cercare di delineare nuovi percorsi commerciali che possano valorizzare le produzioni locali, essere fruibili ai consumatori del territorio dâorigine delle merci, bypassando la serie di intermediazioni che portano a speculazioni ed aumenti, dove il produttore e il consumatore diventano i soggetti più spremuti.
- A fronte di una generalizzata diminuzione dei prezzi allâingrosso, la risposta data dalle Istituzioni, Bruxelles in testa, è stata promuovere le Denominazioni dâorigine, il biologico, le certificazioni. Prodotti a valore aggiunto, che dovevano essere remunerati come tali dal consumatore. Non sempre è stato così, inoltre non hanno acquisito quote significative di mercato. Occorre percorrere una strada diversa? Se sì, quale?
Lâunico modo per essere competitivi nel sistema commerciale globale è puntare alle produzioni agroalimetari di qualità , strada che peraltro è avviata da anni. Dopo le denominazioni dâorigine (doc, docg, dop, igp, itg, stg) e il sistema del biologico, per cui lâItalia deve riconquistare il primato a livello europeo, è necessario proseguire con determinazione per arrivare alla tracciabilità della stragrande maggioranza degli alimenti prodotti in Italia. I prodotti tipici, tradizionali e biologici sono lâespressione di un territorio e delle sue ricchezze: culturali, ambientali, storiche e paesaggistiche. E occorre tener conto anche del valore sociale di un prodotto che, realizzato con determinate metodologie e antiche tecniche, consente la valorizzazione dellâintero Paese.
Negli ultimi anni lâexport dei prodotti a certificazione dâorigine in Europa, dove si concentra la stragrande maggioranza delle nostre esportazioni, ha subito una costante flessione, a differenza di paesi come Francia e Spagna che invece hanno mantenuto risultati lusinghieri. Un trend negativo, il nostro, che ha visto la scarsa determinazione dellâattuale Governo a individuare politiche serie e a fornire strumenti necessari per garantire competitività ai prodotti italiani. E come primo punto irrisolto câè proprio quello di garantire regole certe contro le contraffazioni pirata ed iniziative politiche per evitare lâarrivo nel nostro Paese di prodotti realizzati in quei Paesi dove mancano regole sociali e certificazioni ambientali. Ed è proprio nello scenario internazionale, vedi il Wto, che lâItalia e lâUnione Europea devono avere un ruolo determinante per ottenere eguali garanzie sociali e ambientali da parte di quei paesi, come ad esempio la Cina, che esportano prodotti agricoli a bassissimo costo.
Sul versante interno non è più trascurabile il fattore trasporto. Spesso i nostri prodotti percorrono centinaia di km., attraverso tappe diversificate, per poi ritornare in centri di vendita non lontani dai luoghi di provenienza. Un fattore, questo, che determina un aumento dei costi nonché uno spreco di energia e maggiori danni derivati dallâinquinamento ambientale causato dal trasporto su gomma. Altro elemento che va contrastato è lâeccessiva intermediazione dei prodotti, che dalla campagna alla tavola subiscono troppi e costosi passaggi commerciali.
- Ritiene che le Organizzazioni di categoria agricole siano ancora una forza propulsiva e di innovazione nel campo agricolo oppure oggi risultano imbrigliate da logiche politiche, estranee agli interessi degli agricoltori?
Il Paese sta vivendo una grave crisi economica, e in una fase così delicata ritengo che lâapporto delle Organizzazioni Agricole sia fondamentale, specialmente se si riesce a ritrovare unitarietà nelle grandi sfide che lâagricoltura dovrà recepire. Parlo, ad esempio, della grande riforma energetica che dovrà interessare lâItalia e investire soprattutto gli agricoltori, attraverso la costituzione di progetti per rendere le aziende agricole autosufficienti energeticamente e di una grande analisi dellâagricoltura italiana per realizzare un disegno di riconversione delle colture italiane. Ecco, queste proposte devono necessariamente essere accompagnate da logiche condivise e costruttive ed è ovvio che solo il grande sostegno delle organizzazioni agricole può tradurre in realtà le proposte programmatiche. Uno sforzo da realizzare sarà quello di tenere unite le varie rappresentanze territoriali nellâinteresse di un progetto unico per lâagricoltura.
Occorre ricordare anche che affianco alle organizzazioni agricole tipiche si muovono anche proficue esperienze nel campo della cooperazione che vanno osservate con grande interesse.
- Lâetà media degli agricoltori nel nostro Paese è mediamente elevata. Mancano i giovani e con essi anche idee nuove. Il comparto si è rinchiuso a riccio su se stesso e invecchia. Come attrarre, in un settore poco remunerativo, forze fresche? Quali misure concrete adottare perché nuove risorse intellettuali, culturali, professionali e finanziarie si occupino nel settore primario?
La speranza per lâagricoltura italiana ricade, ovviamente, non solo nella rigenerazione anagrafica dei suoi imprenditori, ma anche, e soprattutto, in un nuovo processo riformatore culturale. Le possibilità per i giovani di accedere al comparto sono oggi possibili, ma ancora scarsamente attuate per la carenza di strumenti agevolativi riguardanti lâaccesso al credito e il sostegno alla nuova imprenditoria. Facilitare lâingresso dei giovani nelle imprese di famiglia deve essere adeguatamente sostenuto, così come vanno moltiplicati i finanziamenti a disposizione per le esperienze di imprenditoria femminile e giovanile. Servono, però, anche nuovi progetti che coniughino lo sviluppo delle imprese agroalimentari con i nuovi modelli inseriti nella nuova Pac, che vanno nella direzione della tutela ambientale, del recupero di energia da fonti rinnovabili, dei processi di rintracciabilità , della valorizzazione delle tipicità , dellâ inserimento nel contesto turistico locale. Lâagricoltura deve puntare ad una nuova visione sociale. E i giovani sono il motore propulsivo per attuare quelle politiche necessarie a difendere il territorio rurale, i mestieri artigianali, i prodotti locali, il paesaggio, lâambiente.
- Stiamo vivendo probabilmente un passaggio storico. Al pari di quanto accadde, qualche decennio fa, con la prima Politica agricola comunitaria e le prime Organizzazioni comuni di mercato. Oggi però si ragiona in termini globali, planetari. Câè la legittima paura che il settore agricolo venga abbandonato, non essendo più, per i Paesi industrializzati una importante voce del Pil. Ci dobbiamo aspettare il progressivo smantellamento, anche finanziario, della Pac e delle Ocm? Il settore primario dovrà cavarsela da solo?
Il rischio di abbandono, con la scelta del disaccoppiamento totale degli aiuti, è reale e riguarda in particolare le aree svantaggiate e marginali ed alcune produzioni di particolare rilievo per il nostro Paese, come lâolivicoltura e lâallevamento bovino ed ovino. Sarebbe un grave danno economico ed ambientale, che metterebbe fra lâaltro in discussione alcune produzioni tradizionali di grande valore per la nostra cultura alimentare. In questo quadro ha responsabilità gravi il Governo in carica: la riforma della politica agricola comunitaria andava applicata nel nostro Paese con più gradualità e con il sostegno di interventi significativi per le filiere e le aree territoriali più deboli, utilizzando in modo diverso le possibilità offerte dallâart.69 della riforma, i cosiddetti âfondi per la qualità . Noi siamo decisamente contrari allo smantellamento della PAC e alla rinazionalizzazione delle politiche agricole. Siamo invece convinti che lâUnione europea debba rafforzare il suo bilancio e mantenere, in forme innovative, il sostegno al settore agricolo, per assicurare la propria sovranità alimentare ed evitare lâomologazione.