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LA TV-SPAZZATURA? TUTTI LA CRITICANO, TUTTI LA GUARDANO
Perché ci poniamo davanti al teleschermo, nonostante gli attuali palinsensti ci propongano programmi senza grande spessore? Ha senso sacrificare la qualità a vantaggio dell'audience? E poi, altra questione: si può ancora considerare una risorsa educativa la televisione?
13 novembre 2004 | Ada Fichera
Vi siete mai chiesti perché guardiamo la tv? Forse, prestando qualche minuto del nostro preziosissimo tempo a riflettere su ciò, difficilmente troveremmo una risposta.
Il punto è che, lâinterrogativo, nasce spontaneo qualora ognuno di noi si ponga davanti al teleschermo anche per un tempo molto breve.
Ebbene, dati i programmi che di frequente ci propongono i palinsesti delle nostre reti televisive, statali o private che siano, viene voglia di rispondere: ânon so, ma è il caso di smettere subito!â
Non è a questo tipo di intenzione che vogliamo condurvi di certo, che costituirebbe fra lâaltro riflessione e comportamento eccessivamente catastrofici; semplicemente si vuole fare il punto su una situazione che talvolta risulta avere superato il limite, che altre volte tende a banalizzare anche la parte buona di sé, a minimizzare quelle onde di positività nel mare di una programmazione televisiva tipicamente poliedrica.
La cosa più grave e preoccupante è che la cosiddetta tv-spazzatura ha un vantaggio non indifferente per chi la âproduceâ: rende molto in termini di ascolti. Ed è questa una delle cause; infatti, nella guerra degli ascolti, di frequente, la qualità va a perire in favore dellâaudience.
Il discorso è controverso, se lo analizziamo illogico, eppure tutti criticano i reality-show, ma tutti, vuoi per piacere vuoi per curiosità , li guardano. E questo accade anche per tanti altri varietà o programmi di ipotetico intrattenimento, talk show e quantâaltro.
Tale martellamento mediatico non ci risparmia inoltre spot che si colorano di non-senso e atteggiamenti che invitano al consumismo e ad unâidea distorta di benessere e di bellezza, che impongono, sotto forma di valori, ideali che valori non sono. Tutto ciò entra ogni giorno nelle case della gente senza che nessuno se ne accorga e, fatto quanto più rilevante, che lo abbia scelto.
Un tempo si diceva, o meglio si credeva, che la televisione fosse strumento utile, che educasse quel popolo di ascoltatori che ne diveniva fruitore. Ed oggi? Si potrebbe pensare che per le ragioni appena illustrate, la televisione non abbia più la sua preziosa pubblica utilità .
Non è proprio così, anzi è proprio lâesatto contrario!
Quella piccola scatola parlante, riposta ai giorni nostri in tutte le case e talvolta anche nei locali pubblici, continua, anche nel terzo millennio, ad educare i suoi spettatori e, quindi, ad occupare uno spazio nettamente significativo.
Sì, perché anche quando trasmette un messaggio, per così dire, negativo, la televisione sortisce grandi effetti su quanti la guardano.
Se si chiede a molte adolescenti qual è il loro sogno nel cassetto, gran parte di queste, così come hanno fatto in seguito a sondaggi o interviste varie, rispondono che sognano di diventare veline.
Si pensi ai modi di dire che costanti e prepotenti entrano nel linguaggio comune, frutto di un altro tipo di linguaggio che è il meta-linguaggio che possiede quel contenitore che, apparentemente, si presenta come un semplice elettrodomestico. Una dialettica sottile, nascosta, che riesce a celare significati dietro altri, che lancia messaggi, i quali divengono mezzo dâistruzione, unâistruzione diversa, al di fuori dei canoni tradizionali, ma più forte proprio di questâultimi.
La sfacciataggine è oggi intesa nei termini di bravura e furbizia, la stupidità è sinonimo di divertimento. Questa non è secondo voi educazione?
Nonostante spesso si perdano le attenzioni per le dinamiche, le problematiche, le esigenze della vita quotidiana degli spettatori, presso le quali i messaggi televisivi imperversano, invadendone a volte le specifiche dimensioni, dobbiamo, comunque, porre lâaccento sulle buone trasmissioni, che instaurano una relazione specifica tra chi la tv la fa e chi la riceve.
Fortunatamente vanno ancora in onda programmi culturali, rotocalchi pomeridiani che affrontano temi importanti o anche âleggeriâ ma con quel tocco di buon gusto e con una sufficiente dose di occhio critico, che di tanto in tanto abbiamo anche il âprivilegioâ di poter seguire un bel film o una fiction intelligente.
Insomma, siamo onesti, non sempre è tutto da buttare, magari certe volte il problema è che, anche ciò che câè di buono viene de-contestualizzato, anche ciò che è giusto, forse proprio perché lo è, viene fatto scivolare con indifferenza e con magistrale disinvoltura.
Nellâepoca dellâapparire, che diviene dunque, per chi della televisione ne è protagonista, sinonimo di reale esistenza, dove i suoi spettatori, soprattutto se piccoli, si tramutano in spugne esposte ad assorbire quanto passa per il teleschermo, già una semplice riflessione critica e problematica, da parte di noi che osserviamo, su quanto entra quotidianamente nelle nostre vite, basterebbe a segnare lâinizio di una consapevolezza e di unâattenzione non solo a ciò che va in onda, ma anche, ed in particolar modo, al nostro più o meno immediato futuro.