L'arca olearia 06/11/2004

UNA RUGGENTE LETTERA DEL PRESIDENTE UNAPROL. "IO CI METTO FACCIA E PIEDI", SCRIVE NICOLA RUGGIERO. NOI DI "TEATRO NATURALE" LA SOLA TESTA: OCCORRE UNA CLASSE DIRIGENTE NUOVA

E' polemica tra la presidenza dell'Unaprol e la Redazione di "Teatro Naturale". In una lunga lettera le posizioni di chi sul fronte associazionistico è quasi al comando dell'intero mondo olivicolo. A seguire la nostra replica, dove esprimiamo con chiarezza i propositi che ci ispirano


Riceviamo con piacere e soddisfazione la lettera del presidente Unaprol Nicola Ruggiero. Quanti operano nel comparto olio di oliva lo conoscono bene. Giovane, dinamico, sa ciò che vuole: è l’uomo che non deve chiedere mai. Perché tutto ha e tutto riesce a ottenere. Basta uno schiocco di dita. Neppure, basta solo lo sguardo a volte. Non è semplicemente il presidente della più rappresentativa unione tra le associazioni di produttori di olive. Vanta ben altro. Ruggiero ha una evidente vocazione per le presidenze. Non per quelle che pure fanno piacere a quanti amano esibire potere e prestigio, quelle per intenderci da circolo tennis o circolo bridge. No, qui si vola alto. Le presidenze di Ruggiero hanno ben altro peso e portata. Proviamo a citarle: presidenza Unaprol, presidenza Consorzio olio extra vergine di oliva di qualità, presidenza Comitato gestione sostanze grasse presso la Comunità europea, presidenza Moc “Oliveti d’Italia”, presidenza Coldiretti della provincia di Bari. Non essendo suoi biografi potremmo averne dimenticata qualcuna. Ci spiace, pazienza. Intanto, sia chiaro, onore al merito per tutto ciò. Va riconosciuta la bravura, la grande ars politica nel riuscire a conseguirle e mantenerle senza difficoltà, quasi vi fosse il vuoto intorno a lui, quasi non vi fossero altre persone capaci a guidare le sorti dell’olivicoltura italiana. Tutto è lecito e democraticamente possibile. Ma quanto giova al comparto un simile sovraccarico di potere, concentrato nelle mani di una sola persona? Lo chiediamo a quanti ci leggono e attendiamo fiduciosi una risposta franca e spontanea.
Comunque, a parte tali riflessioni, il fatto che il superpresidente Ruggiero ci abbia scritto – con i modi peraltro che leggerete qui di seguito – ci lusinga moltissimo, perché è senza dubbio un segnale positivo, in qualche modo un’apertura al dialogo. Ed è proprio ciò che noi vogliamo: il dialogo. Sì, perché dialogando anche in maniera rude, se è il caso, si giunge a far pensiero. Non importa che i primi passi siano segnatamente polemici; pazienza dunque se le critiche mosseci non hanno alcuna aderenza con la realtà dei fatti. Importa però che ci sia il confronto, che si apra uno spunto dialettico.
Ciò che stupisce, tuttavia, è il tono risentito della lettera. Ma anche la lunga disamina in cui Ruggiero va giustificando il proprio operato: ho fatto questo, ho fatto quello, quasi dovesse dimostrare che non è stato inattivo. Lo ringraziamo per le sue precisazioni; e anche per la cortesia di scriverci. Lo invitiamo anzi a costruire qualcosa di solido e durevole in un comparto che si sta rivelando così fragile e quasi allo sbando. Lo spazio di “Teatro Naturale” è aperto a tutti, si tratta di una rivista di pensiero e accoglie tutte le voci, nessuna esclusa, purché si ristabilisca un’immagine di credibilità a un comparto che negli anni l’ha purtroppo miserevolmente persa. Buona lettura.



Caro Direttore,
leggo sempre con attenzione la Tua rivista, come peraltro leggo tutte le altre che si occupano di olivicoltura e di agricoltura più in generale.

Puntualmente negli editoriali trovo un rancore che difficilmente riesco a spiegarmi e un grande vuoto di proposte, che tra l’altro è caratteristica cronica di molti attori della nostra agricoltura e non da oggi.

Personalmente ritengo che la critica sia un elemento fondamentale di stimolo per coloro che hanno democraticamente responsabilità di rappresentanza.

Sono convinto che può essere esercitata e apprezzata solo se fatta da soggetti che non nutrono riserve mentali, non hanno obiettivi non dichiarati e soprattutto conoscono e seguono puntualmente i fatti e gli eventi in tutta la sua evoluzione.

In caso contrario si corre il rischio di essere l’ennesimo personaggio nel teatrino a cui da sempre assistiamo.

Per quanto mi riguarda ho sempre manifestato pubblicamente le mie idee, mi sono sforzato di condividere programmi e progetti, ho pubblicamente affrontato dibattiti, incontri e scontri, anche quelli più scomodi.

L’ho fatto sforzandomi di seguire con coerenza, senza tentennamenti e senza “timori” un progetto per una olivicoltura che affrontasse realmente dall’interno i suoi problemi pensando al futuro.

L’ho fatto non con le parole, modello diffuso del modo di fare rappresentanza e qualche volta anche giornalismo, ma mettendoci la faccia, i piedi e tutta la poca intelligenza di cui il Signore mi ha fatto grazia.

L’ho fatto da solo quando c’era da affrontare la spinosa questione del Made in Italy e bisognava scontrasi con i colossi, in un mondo dove da sempre alcuni tuoi colleghi e certi miei colleghi parlavano e basta.

L’ho fatto quando c’era da affrontare “il ricco” problema delle acque reflue, dove ancora una volta si chiacchierava, si prendevano in giro gli operatori perché forse era più conveniente sedersi alla mensa di alcuni centri di ricerca e di alcune aziende di produzione di tecnologie.

L’ho fatto nella prima, nella seconda e nella terza riforma, dove puntualmente nel nostro Paese molti chiacchieravano ed io con tutta l’Unione da me rappresentata, insieme a colleghi, rappresentanti politici e diversi Ministri ci siamo sforzati di pensare innanzitutto agli interessi dei nostri associati, puntualmente minacciati da altri interessi di altri colleghi non italiani.

Avevamo capito anzitempo che uno dei momenti importanti da perseguire con tutte le forze era l’integrazione di filiera, tema molto “apprezzato” ultimamente e insieme ai colleghi e ad alcune aziende abbiamo messo la faccia e i soldi per tentare di costruire un mercato meno confuso e più prospero per tutti e anche qui, puntualmente, siamo stati attaccati da chi, nella contraddizione e nella divisione non ragionata, trae linfa per continuare a parlare e quindi avere un ruolo nel teatrino.

Ci siamo impegnati nelle Moc, che rappresentano un’opportunità e una sfida e, a parte la disinformazione, più o meno voluta, ho l’orgoglio insieme a tanti amici di avere piantato un mattone laddove non c’erano che sterpi e aver concretamente realizzato un momento di unità di una parte infinitesimale della filiera e di assistere giorno dopo giorno alla crescita di questa creatura che ormai, piaccia o non piaccia, è una realtà economica (con i suoi quasi 8 milioni di Euro di fatturato che verranno raggiunti nel 2004) che con un programma ben definito non mancherà di migliorare ulteriormente.

Abbiamo per primi realizzato e certificato la tracciabilità del prodotto italiano mentre altri ancora oggi sono a parlare.

Abbiamo costruito una casa comune per i Consorzi Dop, come per i Frantoiani, abbiamo fatto tante altre cose che i nostri dirigenti e i nostri associati conoscono benissimo.

Lo abbiamo fatto con la coerenza di un lavoro quotidiano.

Abbiamo faticato moltissimo perché si potessero costruire le basi concrete per uno sviluppo della nostra olivicoltura e di tutto il nostro sistema, abituato spesso ad ascoltare conferenze e a battere le mani a chi parlava male dell’altro, a chi voleva risolvere i problemi in casa di altri senza curarsi dei propri.

Lo abbiamo fatto quasi sempre avendo intorno una serie di insetti che davano fastidio e volevano nutrirsi, e poche formiche pronte a lavorare e a costruire per un futuro migliore.

Oggi lavoriamo per completare questo percorso, perché convinti che abbiamo determinato le condizioni per un diverso futuro.

Certamente avremmo potuto fare di più e meglio.

Crediamo che ci siano le condizioni per abbattere le altre barriere che ancora ostacolano lo sviluppo di questo settore.

Credo che in tutti questi momenti passati e negli appuntamenti che ci aspettano, se fossimo accompagnati da una critica serena e soprattutto da proposte costruttive potremmo accelerare i processi ed evitare il peggio.

Le nostre, come tu sai, sono delle case aperte e pronte ad accogliere contributi e proposte di gente pronta a metterci senza interesse la faccia e l’impegno e mai abbiamo negato chiarimenti e informazioni a chi ci ha posto puntuali richieste.

Nel ringraziarti comunque per il contributo che dai e con la stima che ho sempre avuto nei tuoi confronti come degli altri innumerevoli colleghi che si battono per questo settore, Ti saluto cordialmente.

Nicola Ruggiero



Caro Presidente,
in agricoltura, sai bene, non esiste spazio per il pensiero. Scendendo più nello specifico, nel ristretto ambito olivicolo, il pensiero neppure esiste in germe. Si assiste appunto a un teatrino, come opportunamente tu scrivi. Ma è un teatrino in verità in cui tutte le parti sono già assegnate e nessuno dei personaggi recita pensieri propri.

E’ d’altra parte la concezione stessa della drammaturgia: esiste l’autore dei testi sul quale poggia l’intera struttura dell’opera. In un contesto analogo si muove, estremamente ingessato, il mondo che tu presiedi su più fronti.

Il quadro generale che emerge è che si stia facendo teatro dall’apparente povertà di mezzi, dove per finta mancanza di danaro uno stesso attore recita più parti di una medesima commedia. La compagnia teatrale fa del suo meglio, l’attore è pure bravo a interpretare i vari ruoli, ma la voce, la faccia, e come tu scrivi, anche i piedi, sono sempre dello stesso attore. Appartengono a una figura già nota, l’unica in campo.

Ecco dunque come appare oggettivamente la situazione a un pur distratto spettatore. C’è Nicola Ruggiero nelle vesti di e Nicola Ruggiero nelle vesti di; e poi, quale altra possibile variante, Nicola Ruggiero nelle vesti di e Nicola Ruggiero nelle vesti di. Non c’è altro. Un unico personaggio che recita tutti i possibili ruoli. Il resto viene riservato alle comparse, ma è poca cosa, un semplice contentino.

Puoi capire bene che in un simile contesto, dopo anni di silenzio e di assenza di pensiero, quando finalmente il sei settembre 2003 ha preso corpo una nuova rivista, il settimanale “Teatro Naturale”, il panorama dei media è mutato, spiazzando tutti. Si tratta di una realtà minuscola, ma che vanta un impegno nel mondo della ruralità che trapela da ogni articolo.

Per la prima volta è apparsa una voce discordante, ben individuabile perché fuori dal coro. Non si era mai verificato in agricoltura, né tanto meno nell’immobile e muto comparto dell’olio di oliva.

Cosa sta accadendo dunque di così sconvolgente? Accade che per la prima volta non si pubblicano più le solite garbate veline – ovvero notizie e dichiarazioni confezionate ad arte, da pubblicare con qualche modifica alla struttura della frase onde personalizzarne l’annuncio – com’è d’altra parte abitudine ormai da decenni in Italia, tranne rare eccezioni. Niente di tutto questo. Con “Teatro Naturale” si vanno invece profilando addirittura le prime e forse uniche e solitarie critiche al sistema (non solo a quello olivicolo, estremamente anchilosato di suo).

Di fronte alla novità “Teatro Naturale” si parla addirittura di rancore, ma non è propriamente rancore, caro Presidente. E’ ciò che i comuni mortali – quelli che si occupano egregiamente di altri settori dell’economia – riconoscono essere semplicemente delle critiche. Nemmeno distruttive in verità, anzi. Sono critiche che intendono semmai ricostruire ciò che in anni di particolarismi si è riusciti a devastare in maniera diffusiva e capillare.

In questi anni ci si è a tal punto abituati all’idea che l’informazione agricola potesse essere intimamente viziata e addolcita – esprimendo così compiacenza e sudditanza – che la sola idea di concepire uno spazio dialettico, aperto al pensiero, nemmeno si pensava possibile. Invece no, ecco “Teatro Naturale”, un giornale che non conosce tentennamenti.

Non c’è rancore, caro Presidente, nei nostri articoli e nei commenti. No. Semmai vi è una grande forma di indignazione che pervade ogni parte di noi, questo sì. E’ un sentimento desueto e nobilissimo l’indignazione, implica una forte adesione etica. Ma si tratta ormai di un sentimento sconosciuto ai più. C’è ironia, invece, tanta; in alcuni casi compare anche lo sberleffo, mai tuttavia la denigrazione.

Ospitiamo il parere di tutti, anche quello da noi non condiviso, proprio perché una rivista di pensiero non può mai essere di parte.

Abbiamo accolto con grande soddisfazione il punto di vista dello stesso direttore Unaprol Ranieri Filo della Torre, verso cui manifestiamo la massima stima.

Non siamo contro l’Unaprol e nemmeno contro altre organizzazioni di categoria. Sappiamo di persone che lavorano in ambito associazionistico con grande partecipazione emotiva e con riconosciuta e apprezzata dedizione. Vogliamo tuttavia che simili strutture – così fondamentali e decisive per l’importante funzione e ruolo che rivestono – siano guidate con altro spirito, meno accentratore.

La situazione per come appare è quanto mai buia, occorre riconoscerlo. Le responsabilità qualcuno se le dovrà pure assumere, per il declino della nostra olivicoltura.

Le operazioni di facciata servono solo per distogliere le attenzioni verso i problemi reali, tuttora irrisolti.

Manca una classe dirigente e nemmeno la si coltiva.

Siamo allo sbaraglio: tutto è in mano di pochi e non c’è alternanza ai vertici. Assistiamo impotenti al disfacimento e nulla ci si preoccupa di fare per il bene di un settore – quello olivicolo, come pure quello agricolo nella sua vastità di espressioni – che invece piange un declino che appare inarrestabile.
Gli agricoltori chiedono certezze in tempi brevi perché il futuro non è roseo.

A fronte di tante intelligenze inespresse, e anzi calpestate nella loro dignità, la gestione attuale ricorda molto quella di una certa classe politica del nostro Paese. Soprattutto un tempo, l’obiettivo unico ed esclusivo era di mantenere le posizioni acquisite, non di costruire qualcosa di utile alla società e all’economia.

Va bene allora uno spazio di critica libero e franco o dobbiamo piuttosto abituarci all’idea che tutto si debba accettare supinamente senza muovere obiezioni?

Alcune ultime considerazioni: le Moc – pur essendo concettualmente una grande invenzione – si traducono, nella realtà, in un triste fallimento rispetto alle aspettative. Il mercato non le individua, gli scaffali non le accolgono. L’obiettivo degli 8 milioni di euro di fatturato per il 2004 non sono affatto un successo. I lettori di “Teatro Naturale” conoscono bene la differenza tra fatturato e utile. Non c’è dunque da illudersi circa l’effetto magico esercitato dai grandi numeri. Va pure detto che la Moc “Oliveti d’Italia” ha tra l’altro usufruito nel 1998 di un investimento iniziale di 11 miliardi di lire, 8 dei quali provenienti da capitali pubblici. Dov’è allora il successo?

Certo, è vero, sono tante le problematiche che affliggono il settore olio di oliva. Di soluzioni pronte per l’uso non ve ne sono e fronteggiare il vuoto di idee e la volontaria assenza di progettualità che ha caratterizzato il passato non è facile, ma gli atteggiamenti che si notano tuttora non sono così meritevoli di menzione. Occorre accentrare meno e investire in uomini nuovi. Manca una classe dirigente in agricoltura. Nemmeno la si concepisce, anzi la si rifiuta.

In questo stato di cose possiamo in coscienza affermare che “Teatro Naturale” la sua parte la fa onorevolmente; e senza peraltro usufruire di alcuna forma di elargizione. E’ il prezzo della libertà. Ma ogni nostra parola è parola che si fonda su principi forti, inattaccabili. Ogni nostra critica ha un peso, non è parola al vento.

Lo sostengo con grande orgoglio. Perché noi realizziamo grandi progetti senza dispersioni di risorse. La differenza la fa il nostro prodotto editoriale. Noi ci muoviamo con le nostre gambe.

“Teatro Naturale” esce ogni sabato investendo in proprio, battendosi per la libertà di informazione, con il costante obiettivo di far crescere ogni singolo comparto produttivo. Abbiamo un’idea di fondo, chiara, mai vinta da incertezze: ovvero, migliorare le potenzialità inespresse dell’agricoltura. Intendiamo offrire agli imprenditori uno strumento utile per il lavoro. Offriamo libertà di pensiero e cultura gratuitamente, non c’è da abbonarsi. Fare tutto questo senza facili elargizioni come avviene in casa d’altri non è poco, soprattutto in tempi di magra come quelli attuali.

Non c’è rancore, caro Presidente, ma indignazione semmai. Come si fa ad accettare l’idea – solo per fare un esempio – che chi naviga nell’oro abbia un sito internet istituzionale per lungo tempo mai aggiornato, tranne recenti e tardive ristrutturazioni, o che, peggio, si cimenti a realizzare una newsletter che reca in copertina la data “maggio 2004”, quando invece il foglio informativo è stato mandato in stampa il 26 luglio per essere poi spedito il 23 settembre?
Le sembra il massimo dell’efficienza questa? Eppure di elargizioni pubbliche ve ne sono a iosa, ma con quali risultati?

Noi di ”Teatro Naturale” realizziamo un prodotto altamente qualificato e puntuale, nonostante la povertà dei nostri mezzi, e siamo orgogliosi di farlo bene.

Il risultato del nostro settimanale è sotto gli occhi di tutti. Siamo seri, volenterosi e pieni di grande fiducia per il futuro del comparto olio di oliva. Attendiamo solo che ci sia un’ondata di rinnovamento: vera, non pasticciata come accade di solito in Italia, Paese afflitto com’è dal cancro devastante della politica.

Un cordiale saluto anche da parte mia, sperando che tale confronto serva a qualcosa

Luigi Caricato





Nota bene: la foto in prima pagina è di pura fantasia e non fa riferimento ad alcuno. Evidenzia giocosamente il rimando a testa e piedi (n.d.r.)

di T N